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90 MINUTI DI APPLAUSI


 

Una partita, se così banalmente la si può definire, che è stata semplicemente magica.

Definita conturbante, senza remore, nella quale “poteva succedere di tutto ed in effetti, di tutto è successo”, e che, ancora prima che finisse, era già entrata a far parte della storia. Gli articoli ad essa inerenti la descrivono come più di una finale dei mondiali, tra l’imprevedibilità e la speranza, tra lo spavento ed il “soffio della storia”, ricordando l’altro 10, quello che in campo ha provato a salvarsi e a vincere la coppa, da solo. Per un soffio.

Gli stessi articoli sono pieni di “coltellate”, una dopo l’altra, a sottolineare la tensione del pubblico pari a quella di chi calpestava il campo in Qatar. Il vincitore, il vinto. Compagni di squadra il minuto prima, rivali quello dopo. “Una partita impossibile da raccontare, ma da vedere e rivedere fino alla notte dei tempi”. Credo che il secondo articolo (“è stata una partita che non andrebbe raccontata, ma soltanto vista e rivista fino alla notte dei tempi…”) sia più efficace nel riprodurre ed evidenziare gli aspetti più significativi della partita, con espressioni brevi ma molto significative è in grado di far comprendere il “blocco” della Francia durato quasi tutto il primo tempo, non viene noiosamente ripercorso l’ordine cronologico della partita, ma viene descritta una Francia inizialmente “svuotata”, priva di grinta, quasi arresa che, pare addirittura “evadere da se stessa”. L’Argentina, al contrario, ha mantenuto a lungo il controllo, impedendo, infatti, il gioco francese, grazie ad un “pressing” quasi ossessivo.“ Per il primo segno di vita dalla Francia è toccato aspettare il 26’ st” poi, “c’è stata la svolta e il calcio magico era in agguato”: questa espressione dell’articolo rende sinteticamente molto bene la modalità in cui la partita si è svolta, dopo quel minuto, ogni lancio è diventato motivo di spavento, tale da raggelare lo stadio. 

“Nessuno vince o si salva da solo. È il re dei cannonieri con 8 gol in 6 partite e mezza. È il primo ad aver segnato 4 reti in finale di Coppa del mondo. Il secondo ad averci realizzato una tripletta. Ha già vinto una volta e ha tutta la vita (e altre tre edizioni) davanti. Eppure non riesce a sorridere.”

L’altro 10. Quello a cui è mancato solo il soffio della vittoria. Non importa quanto possa essersi impegnato per trainare da solo tutta una squadra, non importa quanto sia stato grandioso durante quello che non si  avvicina nemmeno lontanamente ad un semplice match: indescrivibile, imprevedibile, imparagonabile. Non importano le persone che applaudono, tutti quelli che si complimentano, neanche tutti i riconoscimenti ricevuti e meritati gli importano. Tutto questo, a Kilyan Mbappé non è importato. È arrivato dopo, nonostante tutto quello che ha fatto. Questo è quello che importa. Neanche tutte le parole del mondo potrebbero riuscire ad esprimere quanto provato da Mbappé. Il giornalista utilizza aforismi che tentano pregevolmente di scoprire le emozioni del 10 francese, mettendo quasi da parte la partita, evidenziando il sapore pressoché insipido della sconfitta, trasmettendo con imprevedibile eccellenza le stesse sensazioni provate da Mbappé sulla pelle.


 

Caterina Canevari

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