top of page

LA BELLA MORTE NELL'IRAN INSANGUINATO

 

Paura. Questa è l’arma che il governo iraniano, con una repressione violenta, ha deciso di usare per intimorire i manifestanti che si opponevano. 

Majidreza Rahnavard era un ragazzo dell’età di 23 anni che il 19 novembre 2022 è stato arrestato con l’accusa di moharebeh, ovvero di aver ingaggiato guerra contro Dio, per avere “ucciso due basiji”, soldati che si occupano di reprimere le proteste. Ne abbiamo analizzato il viso volitivo, il corpo possente. Abbiamo cercato di immaginare la sua vita piena di passioni e di progetti, di voglia di cambiare il proprio Paese, anche a costo di rischiare la vita, come è poi accaduto. Il processo a porte chiuse, durato 23 giorni durante i quali il ragazzo non ha potuto difendersi con l’aiuto di un avvocato, si è concluso con la condanna a morte dell’imputato nel luogo della sua presunta aggressione. Impiccagione. Ciò è stato fatto con l’intento di rendere nota la fine che farai se esprimi liberamente un pensiero che potrebbe minacciare lo Stato. L’impiccagione è stata organizzata nei minimi dettagli, proprio come uno spettacolo. Un popolo ha bisogno di rappresentazioni per capire, e nulla può essere più utile dello spettacolo del potere, della giustizia sommaria, per tenere al guinzaglio una folla che ormai sembra sfuggire di mano all’esercito.

Queste sono state le sue ultime dichiarazioni: “Siate felici e suonate musica allegra, non leggete il Corano” Una frase che non è passata inosservata. Anche ad un soffio dalla morte, Majidreza ha continuato a sostenere quello per cui ha lottato, invitando ad allontanarsi dal pensiero integralista che da la religione e lo stato. 

Da anni si usa la religione per mascherare gli orribili crimini commessi in realtà dal regime che ha come fondamenta la teocrazia, governo che si basa sulla religione e la modifica a proprio favore ingannando e manipolando le decisioni del popolo iraniano. 

Per noi è semplice dire "protestiamo", perché viviamo in un Paese in cui la protesta non violenta è permessa. Persone come quelle in Iran lottano perché credono profondamente nei loro ideali, per le generazioni future, anche per dare una svolta alla loro vita, per il destino del loro Paese in cui hanno le proprie radici, i propri ricordi e anche per la propria famiglia. Grazie al suo esempio, probabilmente molte persone porteranno avanti i suoi ideali e continueranno a lottare nonostante le varie minacce e gli “spettacoli” organizzati dal regime. 

Non c’è stato nessun intervento Internazionale per fermare le dure repressioni messe in atto dal governo iraniano, ma durante l’incontro tra Mattarella e l’ambasciatore Mohammad Reza Sabouri, che si è svolto il 9 gennaio 2023 al Quirinale, il nostro  Presidente ha preso una posizione netta contro le reazioni violente nei confronti dei manifestanti, specialmente per quanto riguarda le pene capitali, definendosi “profondamente indignato”. 



 

Ethan Bricherasio

Diego Caporale
Luca Rusei

Ambra Turotti 

HoudaChahla 

Emma Fanetti

bottom of page