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INTERVISTA A PATRIZIA TOGLIANI

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Gentilissima, innanzitutto grazie per aver accettato di concederci questo tempo e di rispondere alle nostre domande.

Ci incuriosiva comprendere meglio la sua figura di amministratore del nostro Comune, la sua funzione, il suo rapporto con il paese e con la gente.

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In due parole, può raccontarci la Sua formazione? La scuola che ha frequentato, il suo titolo di studio, la sia professione attuale…

Con piacere. Io ho frequentato primaria e secondaria di I grado, allora scuole medie, a Gazzuolo, poi la scelta della scuola superiore era caduta sull’Istituto Magistrale, evolutosi prima nel liceo socio-pedagogico ed attualmente nel liceo delle scienze umane. A quel tempo veniva scelto dagli studenti che avevano un interesse spiccato per le attività formative. Chi si iscriveva aveva già una predisposizione per diventare insegnante di scuola primaria. Subito dopo il diploma, mi sono iscritta al corso di Laurea in Pedagogia, approfondendo i miei studi in ambito educativo e formativo. Prima di laurearmi, è uscita la possibilità per entrare, tramite concorso, nella scuola. Ho vinto il concorso e sono diventata maestra elementare prima di laurearmi. Poi, però, due anni dopo, pur lavorando e pur avendo una bambina piccola (Elisabetta), anche sostenuta da genitori e marito, ho completato il mio corso di laurea. È stato molto duro insegnare e studiare da giovane mamma di famiglia, ma ce l’ho fatta e in un anno e mezzo ho dato gli ultimi esami e l’esame di laurea in pedagogia. Circa una decina di anni fa ho frequentato un master di secondo livello presso l’Università Cattolica di Milano per progettazione pedagogica. Sentivo l’esigenza di approfondire tematiche di ambito anche sociologico e giuridico. Andavo a Milano il sabato e la domenica, e talvolta anche il venerdì pomeriggio. Mi è servito moltissimo per affinare le mie competenze. Le discipline che fanno parte del mio percorso formativo sono in continua evoluzione. Sociologia, psicologia, filosofia. Tutto cambia rapidamente, anche sotto la spinta della tecnologia. La sociologia dà delle chiavi di lettura per meglio comprendere questi fenomeni. Scoprire nuovi studi e nuovi approcci. E proprio spinta da queste nuove conoscenze e da nuovi incontri che ho deciso di fare il salto professionale e di approdare alla secondaria di secondo grado, in cui attualmente insegno.

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Quanto ha inciso la scuola nel fare di Lei ciò che adesso è? 

È stato fondamentale. Devo dire di essere stata fortunata a scegliere da subito il percorso che meglio corrispondeva ai miei interessi personali e professionali. La dimensione umana, antropologica, sociale, da cogliersi in maniera integrata ed interdisciplinare. Questo mi ha forgiata nel pensare ad una professione corrispondente ma anche ad una dimensione civile. In questi anni, infatti, ho vissuto molto l’impegno del volontariato. Ho infatti fatto parte di diverse associazioni con cui mi sono avvicinata a persone e a problematiche della società in cui viviamo. Persone, famiglie, aspetti del vivere quotidiano. L’aspetto che ha sempre accompagnato questo mio interesse riguarda da sempre le nuove generazioni. Faccio ancora parte di un’associazione dei genitori. E da poco tempo mi sono impegnata anche in ambito amministrativo, dove metto a frutto i miei interessi e le mie competenze.

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Cosa Le ha fatto decidere di impegnarsi per il territorio in cui vive? 

Il sindaco Torchio mi ha cercata per dare un contributo alla comunità. Io ero già molto presa e inizialmente restia ad accettare un ennesimo incarico. Ma poi ho deciso di non sottrarmi, decidendo di dividere onori e oneri di questo incarico con la dott.ssa Pagliari. Lei si occupa della cultura ed io dell’istruzione, il campo che conosco meglio. Proprio in quanto collaboriamo insieme, ho detto che avrei potuto farcela.

 

Nel ruolo che ricopre, potendo contare sulla sua formazione e sulla sua esperienza, quali sono i primi aspetti, le prime problematiche che intende affrontare, ritenendole di maggiore urgenza? 

Ultimamente, dovendo occuparmi delle politiche scolastiche, mi sono rapportata molto spesso con la dirigenza dell’Istituto Comprensivo e con i docenti della scuola. Abbiamo, all’inizio del nuovo mandato, fatto un’analisi della situazione, delle esigenze della scuola ma anche dell’utenza, ovvero dei ragazzi e delle famiglie. Proprio quest’anno abbiamo dovuto affrontare il problema nuovo relativo alla necessità di tante famiglie di poter aiutare i loro figli nell’esecuzione dei compiti al pomeriggio. Questo in quanto, da quest’anno, il servizio di doposcuola prima offerto dalle suore, è venuto meno. Quindi abbiamo dovuto rispondere, come Amministrazione Comunale, cercando di organizzare un servizio sostitutivo, promuovendo un doposcuola aperto a tutti e gestito da una cooperativa, una formazione sociale che offre lavoro educativo. I bambini interessati si sono dunque iscritti e possono rimanere a scuola nel tempo oltre la chiusura delle attività scolastiche. Per genitori che ne abbiano necessità, i bambini possono fermarsi fino alle 18. Questo ha comportato un grosso impegno organizzativo, ma era una necessità a cui non potevamo non rispondere. Poi, dopo la pandemia, è ripartito il pedibus, un’iniziativa che garantisce un ingresso a scuola sicuro a bambini che non possono essere accompagnati dai genitori, ed ha anche una finalità di facilitare l’abitudine al movimento e all’attività fisica. Un servizio che è un modello di vita, un’iniziativa che è da sostenere e da appoggiare. Anche in questo caso, si tratta di un’organizzazione faticosa e poggiante su una fatica e su una generosità di volontari. 

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La pandemia secondo Lei ha cambiato la mappa dei bisogni o degli obiettivi rispetto all’Istruzione e alla scuola?  

Sicuramente la pandemia ci ha costretti a riflettere su molte cose. Molti aspetti emergenziali sono ora stati superati, ma ci sono ancora molte attenzioni da fare. Il distanziamento non più presente è stato un sollievo per i ragazzi. Lentamente si sta tornando alla normalità, dalle attività didattiche tradizionali a quelle sportive. Dallo scorso anno siamo tornati ad organizzare le visite d’istruzione. Tutto questo è servito molto ai ragazzi per capire quanto preziose sono le abitudini che abbiamo sempre dato per scontati

 

 

Il Suo lavoro ha come destinatari soprattutto noi giovani. Come immagina il futuro del suo Comune tra 15-20 anni, quando cioè noi ragazzi saremo giovani uomini e donne? Quali speranze ha verso la nostra generazione? Quali consigli sente di poterci dare? 

Posso rispondere per quel che percepisco tutti i giorni a scuola. Da un lato, i giovani che incontro tuti i giorni hanno paura del futuro. Si stanno formando e preparando, ma non sanno quale sarà la società che li attende, soprattutto dal punto di vista lavorativo. Dagli studi che noi presentiamo come orientamento in uscita, c’è aria di incertezza. Niente sarà come lo pensiamo ora, e c’è molto bisogno di flessibilità. Occorrerà adattarsi a contesti nuovi, a capacità di tipo interpersonale da saper garantire, anche personalmente, nella capacità di mettersi in gioco e di saper lavorare insieme agli altri e di comunicare con culture e lingue diverse. D’altra parte, i giovani sanno però anche che mondo non vogliono avere: ad esempio, un mondo minacciato dai cambiamenti climatici. Molti ragazzi della mia scuola sono impegnati anche personalmente in associazioni che cercano di sensibilizzare le persone a cambiare il nostro stile di vita e sono molto sensibili al problema delle discriminazioni. Vogliono un mondo aperto ad accettare la diversità religiosa, sessuale, culturale. Un mondo in cui tutti possano esprimere liberamente le loro opinioni.  So che stanno organizzando un’assemblea nella quale avranno la possibilità di discutere sui conflitti attuali nel mondo. Ucraina, Iran, ad esempio. Trovo quindi che i ragazzi di oggi sognino una società migliore. Tollerante, aperta, sostenibile.

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Presto la Biblioteca cambierà sede. Pensa che la nuova collocazione, presso Palazzo dei Principi, possa facilitare l’abitudine da parte di noi ragazzi a frequentare la Biblioteca come luogo per condurre attività di ricerca e di approfondimento? 

Assolutamente sì. Noi come Amministrazione riponiamo molte aspettative per questo nuovo luogo che ospiterà la biblioteca in una location molto più facile da raggiungere per molte persone, anche per chi avrà difficoltà di deambulazione. Facilità di accesso, non solo. Il Palazzo dei Principi dovrebbe diventare un centro di aggregazione e di promozione della cultura della nostra comunità. Le sale attigue alla biblioteca, oltre ad ospitare mostre, dovrebbero diventare un centro culturale in stretta sinergia con la scuola. Scipione Gonzaga aveva voluto un grande palazzo, poi smembrato per diverse funzioni. Ricostruire l’identità del palazzo vuole riportare Bozzolo ad una nuova centralità per la cultura e la comunità. Abbiamo molti progetti che non appena possibile.

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Avete in programma di organizzare incontri rivolti alla scuola con personalità del mondo della cultura? Scrittori, artisti, autori…? 

Sicuramente l’Amministrazione è favorevole a questo tipo di iniziative, anche in quanto questi incontri sono sempre molto stimolanti per i ragazzi. Sentire voci alternative per gli studenti è molto affascinante e utile. È evidente che questo tipo di incontri deve essere progettato insieme agli insegnanti. L’Amministrazione non intende fare scelte impositive, calate dall’alto. Siamo assolutamente pronti ad un confronto per decidere insieme che tipo di offerta e di proposta fare, e questo può rientrare nel piano per il diritto allo studio, ovvero quell’insieme di iniziative concordate tra comune e scuola. Sarebbe bello ad esempio pensare ad incontri paralleli, rivolti sia a studenti che a genitori, magari su tematiche di tipo educativo. A Viadana invitiamo spesso esperti esterni all’interno di assemblee di istituto. Professori, giornalisti, ricercatori…

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Purtroppo, Bozzolo è da tempo nota alle cronache per numerosi episodi di vandalismo e di maleducazione che vedono protagonisti ragazzi poco più grandi di noi. Cosa pensa che sia importante fare concretamente per mettere fine a questo problema? 

Si tratta di un problema molto complesso che ci preoccupa moltissimo, in quanto comprende molte variabili. Ci sono i ragazzi coinvolti in danneggiamenti, vandalismi, prevaricazioni, c’è l’aspetto delle famiglie, dei genitori di questi ragazzi e c’è il problema di come la comunità deve reagire nei confronti di questi atti che fatichiamo francamente a comprendere. Come Amministrazione comunale stiamo riflettendo da tempo su quali siano i modi per far comprendere a questi ragazzi che stanno compromettendo il loro futuro, già segnalati alla procura dei minori, con conseguenze serie nella ricerca di un lavoro, con una fedina pensale sporcata. Il fatto che siano minorenni non li deve portare a pensare che siano impuniti ma, al di là di questo, ci siamo interrogati sul perché avvengano questi fatti, sulle motivazioni, e sulle possibili azioni preventive affinché questi ragazzi non siano di modello a quelli più giovani. Dobbiamo quindi agire su più piani. Dobbiamo concordare con le istituzioni scolastiche percorsi di cittadinanza efficaci, cercando fin dai primi anni di scuola di far capire l’importanza di condividere le regole della convivenza comune, del benessere comune, della cura individuale e sociale, ambientale. Dobbiamo voler bene al nostro ambiente nel momento in cui viviamo in un posto. Raccolta differenziata, ad esempio. Prima nominavo la sostenibilità a livello sociale. Fornire ai ragazzi esempi positivi di persone che si mettono a disposizione degli altri e dell’ambiente. Tutta la comunità deve essere educante. La scuola deve fare la sua parte, ma anche i singoli cittadini devono fare da esempio. Per questo abbiamo deciso di coinvolgere le agenzie educative del territorio. L’oratorio, le associazioni, i volontari. Tutti devono dare il loro esempio. e poi bisogna avere un occhio di riguardo verso i bisogni dell’adolescenza. C’è bisogno di spazi, di attività, di luoghi di espressione per incontrarsi in sicurezza. Stiamo mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle per creare un ambiente di benessere e di prevenzione. Abbiamo anche contattato esperti in termini di dipendenze per fornire risposte e controproposte per rafforzare il rapporto tra adulti e ragazzi, per supportare in modo educativo le famiglie. Abbiamo attivato confronti con psicologi, assistenti sociali, educatori, esperti, per momenti di confronto in cui i genitori possano trovare risposte.

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Come consigliere all’Istruzione, ma mi verrebbe da dire ancor prima come insegnante e come genitore, quali innovazioni pensa siano necessarie per dare alla scuola una spinta di cambiamento che restituisca ai ragazzi, spesso annoiati, la “fame” di sapere, la voglia di imparare e di istruirsi e di vivere le lezioni come esperienze preziose per immaginare il proprio futuro? 

L’Amministrazione comunale si pone in ascolto della scuola e dei suoi bisogni. Cercando di soddisfare i bisogni educativi degli studenti, anche nell’extrascuola. Ci deve essere una continuità e una coerenza di intenti tra le due parti. Occorrono luoghi non solo fisici ma anche metaforici in cui i ragazzi possono trovare modalità per stare insieme in modo sicuro e stimolante. Insegnare il valore del volontariato, della gratuità. La fame di sapere viene da esperienze e testimonianze significative.

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Torniamo un attimo al Volontariato, di cui Lei ha prima parlato. Secondo Lei l’arrivo dei social sta compromettendo questo? 

Sicuramente. È un rischio, ma essi non vanno demonizzati. Sono semplicemente abusati e sostitutivi delle relazioni interpersonali. Dobbiamo fare in modo che i social diventino uno strumento di informazione, di condivisione, di amplificazione di bisogni. Devono diventare una possibilità, non un veleno.

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Grazie infinite per la Sua disponibilità!

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Emma Fanetti

Caterina Canevari

Sohaib Nasr Allah

Ginevra Ravagna

Alessandro Micheloni

Filippo Salami

Tommaso Nardi

José Varughese

Houda Chahla

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