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SENZA UNA BANDIERA

Molto più di una partita… Durante i mondiali di calcio recentemente giocati in Qatar, in apertura della partita Inghilterra-Iran, la nazionale iraniana non ha cantato l'inno, da sempre  simbolo di radici, cultura e fierezza di un popolo. Un inno sussurrato, ripudiato, in cui il giocatore, e prima ancora la persona, non si sente di cantare. Le conseguenze possono essere molto gravi, e possono addirittura mettere in pericolo la carriera di un giocatore, o addirittura portarlo alla pena di morte. Negli ultimi mesi, in Iran, si stanno svolgendo molteplici rivolte, a causa della ragazza 22enne che è stata uccisa, per il suo modo inadeguato di indossare il velo. E con un pallone, una divisa, undici giocatori protestano in campo, di fronte a tutto il mondo, e protestano, banalmente, non cantando l'inno, e questo porta a pensare che non stiano giocando per l'iran, ma per gli iraniani, per la propria gente, ma non per il proprio paese nel quale non trovano più la loro ombra, il loro posto. Molte donne, durante la visione della partita, si sono messe a piangere, commosse dall’atteggiamento dei giocatori, ed è qui che donne e non solo, si saranno veramente sentite rappresentante dalla loro squadra, più che mai, perché avere un rapporto di empatia con le persone che ti rappresentano è un calore al cuore, una sensazione di sicurezza, perché non sei solo. L'inno in questo caso, è la parte più profonda e delicata di un paese; una bandiera, una stabilità  che se persa, può portare alla più totale mancanza d’identità, e come si saranno sentiti questi giocatori, le loro famiglie, questa nazione, che non ha più bandiera da sventolare e l’inno da cantare?

 

Nasr Allah Sohaib 

Tarana Giacomo 

Tarana Niccolò 

Bertolotti Matteo 

Petroselli Matteo 

Vighi Lorenzo 

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