IMMAGINI E PAROLE DEL PASSATO
In occasione del “Premio Pittura” svoltosi a Rivarolo Mantovano a fine settembre, la nostra classe ha svolto una breve ricerca sul nostro “recente” passato: ricorrendo ad alcune fonti visive e ad alcune testimonianze orali, abbiamo prodotto alcuni disegni accompagnati dai testi che qui vi proponiamo.
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IL MANISCALCO
​Non c ‘era famiglia contadina che non possedesse un cavallo da tiro, uno di quei cavalloni dall’aspetto stanco, con degli zoccoli enormi su delle corte zampe pelose.
Ai proprietari terrieri più agiati non mancava mai, nella stalla, anche un cavallino più nervoso e più slanciato, da aggiogare alla carrozzina col soffietto o all’elegante timonella, usate per andare in paese nei giorni di mercato o per portare alla domenica anche la moglie a messa…
Tutti questi cavalli avevano bisogno, periodicamente del maniscalco… E c’era chi faceva solo quel mestiere!
Il maniscalco era intento al lavoro di forgiatura del ferro che veniva modellato sull’incudine a colpi di mazza.
Ogni tanto l’artigiano si fermava di battere ed osservava con cura l’opera che ne scaturiva: l’operazione era lunga e di precisione.
Il ferro veniva confrontato ogni tanto con quello usurato che era stato divelto dallo zoccolo dell’animale che intanto, tranquillo, biascicava con la sua biada.
Quando il maniscalco riteneva di aver concluso, immergeva il ferro incandescente, tenuto da una lunga pinza, dentro un mastello d’acqua e si levava un fitto getto di vapore.
Si trattava poi di regolare lo zoccolo del cavallo e di applicare il nuovo ferro fissandolo con dei lunghi chiodi.
L’operazione era conclusa e l’animale poteva ripartire con le sue... scarpe nuove.
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LA FALCE
​L’ uomo avanzava col suo ondeggiante, ritmico progredire, quasi un passo di danza, nel campo di erba medica che cadeva davanti a lui…
Ad ogni suo passo, spariva un’ampia striscia di prato.
La falciatura la si doveva iniziare prima che il sole arroventasse l’aria, innanzi tutto perché il contadino non si sciogliesse in sudore.
In genere, una sola giornata non era sufficiente a trasformare l’erba in fieno quindi, al tramonto, la si ammucchiava in pigne per evitare che la rugiada notturna la bagnasse eccessivamente poi, all’alba del giorno successivo, la si spargeva di nuovo… E tutto questo se il tempo si manteneva clemente, altrimenti occorreva coprire i cumuli d’erba con dei teloni impermeabili in attesa che spiovesse e capitasse una nuova giornata di sole.
Se si doveva falciare un campo di erba medica per la fienagione e non unicamente per il pasto quotidiano delle mucche, non era mobilitato uno solo, ma tutti gli uomini della famiglia, che, sincronicamente ed in scala, un paio di metri uno in dietro l’altro, avanzavano recidendo l’erba a pochi centimetri dal suolo.
A mezzogiorno non rientravano in casa, ma arrivavano sul campo le loro donne con i viveri.
All’ombra di un frondoso gelso, seduti a terra, consumavano il pasto, accompagnato da qualche bicchiere di buon vino!
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I CARRI DI FIENO
​Quando l’erba si era completamente asciugata, dopo averla rivoltata più di una volta per farla ben essiccare, si provvedeva al suo trasporto nel fienile.
Si vedevano passare per le strade carri agricoli colmi di cumoli di fieno di altezze incredibili…
Il loro profumo lasciava una deliziosa scia per tutto il tragitto …
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LA STALLA LUOGO DI INCONTRO
​Addio vecchia stalla, salotto delle famiglie nelle serate invernali, quando il sole tramontava precoce e si cenava alle sei e mezzo!
Era l’unico posto della casa in cui il riscaldamento non costava nulla e che riuniva, dopo cena, per qualche ora, anche i vicini. In quel tepore naturale si riunivano intere famiglie a fare… FILOS!
Queste scene sono ormai scomparse: quale famiglia, oggi, passerebbe la serata in una stalla?
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IL POLLAIO
​Intorno a Pasqua, cominciavano a dischiudersi le uova.
Esse venivano poste in un cestone pieno di fieno, non nel pollaio, ma nel locale accanto alla cucina di casa perché stessero più al caldo.
I pulcini, i primi giorni, venivano alimentati con un impasto di pane e acqua.
Era un’alimentazione forzata solo per pochi giorni perché ben presto quegli esserini pieni di vita se la sarebbero sbrigata da soli, alimentandosi con un impasto di farina di frumentone. In pochi mesi sarebbero diventati polli o galletti…
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IL MAIALE
​Erano i freddi giorni di gennaio nei quali si compiva quel truculento rito che creava un profondo turbamento: veniva ucciso quell’animale che era stato portato in casa ancora piccolo…
Era stato nutrito amorevolmente con i suoi quotidiani pastoni di farina di frumentone, con gli avanzi della cucina e l’erba.
Grufolando mangiava di tutto e dormiva…
Quasi tutto il giorno stava sdraiato in mezzo al suo porcile.
Col passare dei giorni, la pelle si copriva di setole e il muso perdeva le simpatiche caratteristiche che aveva da piccolo…
Arrivava l’inverno e tristemente si avvicinava l’ora del suo sacrificio! Il norcino arrivava e per lui era la fine…
Gli intestini venivano raschiati e preparati per accogliere i salami, la vescica era (ed è) il contenitore dello strutto, il colon veniva usato per il salame del “budello gentile”, quello che dura più a lungo.
…Poi ci sono i ciccioli, ovvero “LI GREPULI", residui croccanti e gustosi da mangiare con la polenta fresca!
BUON APPETITO!
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​IL FILOS DAVANTI ALLA PORTA DI CASA
Davanti alla porta di casa le donne cucivano, facevano la calza, ovvero le scapinele…
Quattro chiacchiere davanti alla porta di casa a parlare della famiglia e di come tirare avanti… Caro vecchio filos!
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IL CASEIFICIO
​Il latte arrivava al caseificio dalle stalle del circondario, portato alla sera dopo le mungiture, o in bicicletta o a piedi, nei bidoni traballanti, appesi ad una lunga stanga.
…Spesso occorreva togliere con un setaccio le numerose mosche che galleggiavano annegate nel latte…!
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IL FOCOLARE
​La fiamma del focolare accende di rosso un tratto di parete della cucina, una cucina per il resto buia e annerita dal fumo. Il fuoco scoppietta avvolgendo lo stagionato ceppo di gelso che si consuma lentamente.
Le lingue salgono, attratte dalla cappa, ed abbracciano il paiolo di rame dove sta cuocendo la polenta rimestata con paziente, monotono movimento dalla vecchia donna. Lei è solo una sagoma che si muove lenta, illuminata per metà dalla fiamma. La parte posteriore del suo corpo è nell’ombra.
L’abito nero ed anche il capo è coperto da un fazzoletto nero che toglie solo quando andrà a letto.
Una volta le donne anziane delle nostre campagne vestivano sempre di nero!
LA PASTA FATTA IN CASA
​La donna di casa, quando faceva le tagliatelle, non usava quelle macchine che oggi mpastano, stendono la sfoglia e le tagliano allo spessore voluto… Allora, già le bambine imparavano ad usare” la canela”, un lungo mattarello sottile, di uno straordinario legno stagionato.
L’ orgoglio della massaia era riuscire a tirare la sfoglia il più grande possibile, il più sottile possibile , di spessore uniforme , senza lacerazioni e con l’ uso delle sole uova senza aggiungere nemmeno un goccio d’ acqua all’ impasto .
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​AMBULANTI A DOMICILIO
​Oggi, nel 2018, si fanno acquisti per posta o, addirittura, mediante il computer, ma non ci si vede meravigliare perché anche ottant’anni fa era possibile comperare senza spostarsi da casa: c’erano gli ambulanti a domicilio.
Le strade, allora, non erano asfaltate e le careggiate, d’inverno, solidificate dal gelo, si trasformavano in profonde rotaie che erano un serio pericolo per chi andava in bicicletta. … Vi si restava incanalati dentro ed era impedito il movimento del manubrio: la caduta era quasi assicurata!
Oggi , anche gli abitanti delle abitazioni più isolate hanno l’ automobile; anche le donne sanno guidare e non si accontenterebbero mai degli oggetti che potrebbe portare loro a casa un venditore ambulante.
Andrea Z., Greta T., Noemi, Alessandro, Greta F.,
Lavina, Davide, Riccardo, Matteo, Stefano, Simone,
Anas, Reyan, Hana, Jacopo R., Andrea R., Jacopo B.,
Edoardo M., Cecilia, Giulia, Edoardo S., Alberto,
Lorenzo, Miryam
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Classe Quarta. Scuola Primaria di Rivarolo Mantovano