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Quella cantina buia...

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Fu quel giorno che passai la mezz’ora più terrificante della mia vita. Ero sceso nella cantina di mio nonno per prendergli una nuova bottiglia di vino mentre lui usciva e andava a comprare il pane per la cena imminente.

Era un giorno di vento, in inverno, e i miei genitori erano andati a comprare delle tende per coprire i fiori dal gelo, e io volevo passare un po’ di tempo con lui.

Il nonno mi aveva promesso per questo di tornare il più veloce possibile  a casa anche se sapevo si sarebbe fermato con i suoi amici a discutere della partita di calcio del giorno precedente.

Giocai ancora un po’ con Lila, il suo cane da caccia che, dopo la morte della nonna, era diventata la sua unica compagnia.

Dopo decisi di scendere in cantina a prendere la bottiglia di vino, un bicchiere di quel primitivo che rendeva speciale il pranzo del nonno anche se avrebbe voluto, vicino a sé, la nonna.

Scossi la testa. Mi ero fermato, senza volerlo, a pensare ala nonna; uno scalino, poi l’altro.

Non conoscevo bene la cantina perché i miei genitori mi avevano portato a casa dei nonni solo da piccolo.

Arrivai nella cantina, uno spazio molto grande ma quasi completamente buio, se non per il lucernario aperto pochissimo.

La giornata era grigia e pur essendo aperto, il lucernario, non dava grandi possibilità di vedere.

Alla fine trovai lo scaffale con le bottiglie del vino e dopo aver compiuto la missione cercai di ritornare al piano di sopra senza fare incidenti.

Arrivato all’ultimo pianerottolo delle scale, senza una ringhiera dove tenersi, appoggiai la bottiglia a terra.

La maniglia era molto dura e non si riusciva a girarla senza metterci un po’ di forza. La porta era bloccata.

Gli salini stretti non mi davano possibilità di muovermi, ma nonostante questo non osavo scendere le scale e rimanetti seduto sullo scalino vicino alla porta.

In cantina si trovava anche un’altra porta che dava sul garage. Scricchiolava. Ogni suo rumore mi faceva venire i brividi e forse li faceva venire anche a Lila che sopra piagnucolava non capendo quello che stava succedendo.

Mi sembrava sentire dei passi che provenivano dal garage.

Impaurito mi alzai e cercai di nuovo di aprire la porta. Non funzionò. Ero in preda al panico e non mi ricordai della bottiglia posta a lato della scala che così cadde.

Si sentiva il vino scivolare per le scale e l’odore in tutta la stanza.

All’improvviso sentii una voce. Quella di mo nonno che mi chiamava.

Battei forte la mano sulla porta in cerca di aiuto.

 

L’incubo era finito.

Francesca Malvaso 

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