UNA LUCE NEL BUIO
Adulti fragili, disattenti, incapaci di vedere e ascoltare l’altro, a partire dai ragazzi. I giovani sono, infatti, vittime di un silenzio anonimo, che non è “sintomo” di un ascolto partecipe, ma di un disinteresse incapace di instaurare legami e relazioni, di regalare vicinanza e consapevolezza. Ragazzi figli di un buio eterno, profondo, che offusca la vista della realtà e che porta a dimenticare la propria identità. È difficile (se non impossibile) orientarsi in un cielo senza stelle e scegliere il sentiero giusto fra tanti senza smarrirsi; ci si sente impotenti, incapaci, inermi. E così, abbandonate nel nulla assoluto, le piccole certezze fondate nel corso degli anni vengono travolte da un vortice di dubbi e di caos dal quale risulta pressoché impossibile liberarsi, se non attraverso un aiuto, una mano tesa, tenace ed in grado di sollevare e riportare alla vita un’esistenza trascurata, guidandola, appunto, alla rinascita. Talvolta sono alcuni adulti, come il professor Koch in “Lezioni di Sogni”, ad apportare un effettivo cambiamento nei ragazzi, (del passato e del presente) nei “cani senza collare” che sono alla ricerca di loro stessi e che, contemporaneamente, vagano senza meta, barcollando tra un passo e l’altro; sono gli adulti che non soltanto si interessano ai giovani per una questione affettiva, ma per il ruolo che da adulti dovranno ricoprire nella società a fare la differenza. I figli di genitori come Grace Weston in “Robbie” di Isaac Asimov o il padre di Hartung (figure estremamente invasive e con evidenti manie di controllo nei confronti dei figli) saranno adulti incapaci di prendere decisioni in maniera autonoma e di essere indipendenti. Loro sono l’ombra dei genitori, e viceversa. In occasioni simili ciò che occorre è un “soggetto chiave” che apporti un cambiamento radicale nella percezione di entrambi (figlio e genitore) di ciò che li circonda. Al contrario, i figli di genitori come i coniugi Caulfeld de “Il giovane Holden” saranno adulti che riproporranno all’interno della società i medesimi comportamenti senza essere però superficiali o disattenti. Ne è l’esempio Holden, il figlio, che pur essendo taciturno e solitario, è un attento osservatore e pensatore, capace di intravedere le sfumature più sottili del mondo esterno, senza mai rivelare troppo di sé. E poi ci sono gli adulti come lo scienziato de “L’ombra”, un racconto di Andersen; uomini capaci di ragionare seguendo unicamente le certezze impresse nelle pagine dei libri, senza riuscire a comprenderne la vera essenza, ignorando la verità nascosta tra le righe. Rispetto ai tanti giovani conosciuti e alle tante situazioni da loro affrontate, non definirei certo la mia situazione personale “di smarrimento” o “di abbandono”; percepisco infatti la presenza di sguardi attenti e interessati nei miei confronti. Sono da sempre molto grata agli adulti a me di riferimento per i sacrifici che continuano a compiere per la mia educazione ed istruzione, ma solo dopo il contatto così ravvicinato (tramite letture e discussioni in classe) con situazioni così differenti dalla mia ho saputo prendere consapevolezza rispetto alla fortuna che, indipendentemente da chi fossi, alla nascita, mi è stata donata. È in personaggi come Holden che ho colto un nesso con la mia personalità: mi ritrovo nei suoi veri pensieri più che nelle sue parole), nelle considerazioni che tiene per sé e che lascia solo in parte trasparire. Qualcuno direbbe infatti che io sia riservata, introversa e taciturna, ed io non potrei che concordare con queste supposizioni, poiché è esattamente così che appaio in pubblico. Parlare con gli altri, talvolta, mi mette in un lieve stato di ansia, probabilmente figlia di una preoccupazione che da sempre conservo quando si tratta di parlare con un pubblico: la paura di sbagliare, di non essere ascoltata. Tuttavia, credo che in questi mesi questa mia incertezza si stia via via alleviando, anche grazie alle tante opportunità che la scuola mi ha conferito (come le conferenze stampa di Increscendo). È grazie alla scuola che ho potuto scoprire e coltivare quelle che ad oggi definirei le mie più grandi passioni, permettendomi di avvicinarmi sempre di più al mio “centro” e di scoprire quello che davvero penso di me stessa. Mi sento molto diversa, sotto certi aspetti, rispetto alla persona che ero all’inizio della secondaria: se prima il mio carattere era unicamente a “stampo” introverso, ad oggi posso dire di aver fatto un grande passo avanti, imparando a relazionarmi con gli altri senza avere molta paura. Di questo sono molto grata ai miei familiari e ai docenti, che mi hanno permesso di intraprendere un grande cambiamento, anche se la strada da percorrere è ancora lunga.
Caterina Canevari