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IMMAGINARE UN'ALTRA BOZZOLO

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Come in ogni numero di Increscendo, non poteva mancare una chiacchierata con un esponente delle istituzioni. Abbiamo incontrato Irma Pagliari, Assessore alla Cultura del Comune di Bozzolo, per porle domande e curiosità sul suo lavoro, ma anche sulla sua formazione scolastica e su alcune idee per il futuro.

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Canevari

In due parole, può raccontarci la Sua formazione? La scuola che ha frequentato, il suo titolo di studio, la sia professione attuale…

Innanzitutto, ho frequentato la scuola in cui siete voi adesso, essendo nata a Bozzolo. Poi, ho frequentato il Liceo Classico a Mantova, l’Università, alla Facoltà di Lettere di Bologna, con laurea in storia moderna, amatissima. Sono stata molto felice del percorso universitario scelto, ma non mi bastava: mi sono quindi iscritta ad Archivistica per comprendere e leggere documenti antichi, a Mantova, ma parallelamente anche al corso di specializzazione di biblioteconomia e bibliografia, a Parma”

Canevari

C'è un evento particolare nel suo passato che ritiene abbia contribuito in modo significativo alla sua scelta di dedicarsi alla cultura?

Non mi viene in mente nulla di specifico. Piuttosto, un complesso di stimoli, ragionamenti, input formativi che ho avuto dalle scuole, da alcuni professori che sono stati, al di fuori della famiglia, persone che hanno lasciato dei segni che hanno germogliato. Forse chi dona non se ne accorge, ma chi riceve sì. Ricordo alcune lezioni, atteggiamenti, il piacere di fare e di studiare alcune materie. È stato qualcosa che è cresciuto via via nel corso del tempo, senza il quale non avrei scoperto la mia passione prevalente per le aree umanistiche e per le discipline ad esse legate. Il docente ha il compito di stanare questi talenti e queste attitudini. Ad esempio, l’insegnante di storia e filosofia al liceo è stato decisivo. Declinava le discipline che raccontava con un risvolto verso l’attualità, e quindi mi sembra adi dover approfondire, ad esempio, i contenuti di storia, per capire meglio il mio presente. Una volta all’università, ricorderò sempre la prima lezione del professore che mi avrebbe poi seguita per la tesi, ed ho notato un distacco notevolissimo: rigide, strutturate, impartite dalla cattedra. Lezioni memorabili. Un amore folgorante. Dall’emozione, mi era caduta la penna in aula, e aveva fatto un rumore che aveva indispettito il professore. Grazie a lui, dopo l’università, avevo avuto il suggerimento del corso di biblioteconomia.


Affini

Da bambina, che lavoro avrebbe sognato di fare? Cosa l'ha poi portata a svolgere il ruolo di Assessore alla Cultura del Comune di Bozzolo?

Non ricordo con esattezza cosa volessi fare, so che non avevo le idee chiare, ma so allo steso tempo cosa non volevo fare: non volevo scegliere subito. Tanto che, quando stavo per terminare la scuola media, ho ben vivo il ricordo che i miei genitori volevano indirizzarmi verso le magistrali, ma io non avevo alcuna intenzione di fermarmi dopo quattro anni di scuola. Questo per me era un rischio gravissimo, e per non precludermi nessuna strada ho deciso per il liceo classico. Mi piaceva molto leggere, d’estate dopo pranzo scappavo via per ritagliarmi spazio per le letture. Venendo da una scuola di provincia, ho sentito il gap esperienziale di una formazione meno completa, meno ricca. All’epoca, Bozzolo era decisamente più chiusa di adesso.


Canevari

Nel ruolo che ricopre, potendo contare sulla sua formazione e sulla sua esperienza, quali sono i primi aspetti, le prime problematiche che ha ritenuto di dover affrontare e che, anche in futuro, intende affrontare?

Innanzitutto, terminata l’università, avevo già il titolo di studio per insegnare. Ho fatto alcune supplenze, poi ho vinto alcuni concorsi per diventare docente. La prima esperienza è stata come docente di geografia economica, disciplina con cui avevo seguito le lezioni del professore di Bologna. Contemporaneamente, ho concluso le due università postlaurea. Poi, poco dopo, è uscito un concorso per la Biblioteca di Mantova. Da quel momento, mi sono dedicata a questo nuovo incarico presso il Comune di Mantova, in qualità di Dirigente del settore cultura e direttore della Biblioteca Teresiana. Poi, per 30 anni, in sono dedicata a musei, biblioteche, l’archivio storico in particolare, il turismo. Ho interagito con non so quanti sindaci e assessori. Questo è stato molto importante, perché da un lato mi ha fatto capire le richieste e la loro origine politica, dall’altro mi ha fatto scoprire una macchina organizzativa molto complessa. Per alcuni anni mi hanno dato anche l’incarico sul settore istruzione: scuole e rapporti formali tra Comune di Mantova ed Istituti Comprensivi. Tanta fatica ma anche tanto arricchimento, in primis umano. Nel 2019 sono andata in pensione, ed è stato molto difficile staccare la mente dal lavoro che fino a quel momento mi aveva presa in modo totalizzante. Un po’ per questo e un po’ per non richiudermi in una dimensione troppo privata, ho accettato questo incarico e di mettermi in gioco. L’idea del Sindaco, che mi aveva contattata, era appunto di affidarmi questo incarico. Ed io ho sempre visto il mio paese come una realtà di occasioni mancate, e quindi è stato come rispondere ad un richiamo ad un dovere civico: fare qualcosa per gli altri. Se qualcosa si può fare, di buono, per la comunità, perché no? Tra le mille idee, poche purtroppo possono trovare realizzazione: pochi cittadini, poche risorse, ma anche chiusura mentale in alcuni aspetti verso il cambiamento.
 

Micheloni

Quali sono gli aspetti positivi e le criticità del coprire questo ruolo?
 

Sicuramente la possibilità di proporre e impostare attività culturali ed entrare nel merito di scelte amministrative che da fuori non possono essere modificate. Le difficoltà, oltre a quanto già citato, si riferiscono ad una modalità non sempre efficace nell’individuazione del metodo per affrontare le cose. Ma anche una tendenza alla presa di posizione aprioristica, oltre ad una difficoltà nella condivisione degli intenti. E questo riguarda più che altro il palazzo. Quanto alla piazza, alla gente al di fuori dell’amministrazione, il problema è farsi coinvolgere alle iniziative come soggetti attivi, in grado di partecipare con contributi personali. C’è sempre fatica, ma qualcosa sta cambiando. Ad esempio, la mostra attualmente in corso, che vede volontari, o l’esperienza del FAI.

 

 

TARANA

A proposito, Durante le giornate organizzate dal FAI, l’abbiamo vista impegnata nei percorsi delle nobili famiglie bozzolesi al servizio dei Gonzaga: si ripeterà questa splendida esperienza? Che sensazioni ha provato nel vedere la partecipazione pubblica, entusiasta e soddisfatta?

 

Non so esattamente. Il FAI agisce su ambito provinciale, quindi non è detto che avvenga nell’immediato. Sicuramente, la loro impressione è stata molto buona, in particolare rispetto all’affluenza di volontari e di persone coinvolte come narratori e come accoglienza. Abbiamo potuto realizzare questo tipo di giornata grazie ad un lavoro di quasi quarant’anni che ha portato ad approfondire le conoscenze del patrimonio di Bozzolo. Senza questo lavoro di semina non sarebbe stato possibile nulla di tutto questo. Appena laureata, nel 1982, ho contribuito a fondare un’associazione che si chiama Gruppo Culturale Per Bozzolo. Abbiamo fatto ricerche storiche, abbiamo pubblicato la storia bozzolese di Boriani, e da lì siamo partiti per altre ricerche, raccolta di informazioni. Lo sguardo sul senso della comunità è fondamentale, e la generosità di occuparsene è fondamentale. Le decisioni finirebbero per appartenere ai palazzi della politica.

 

Micheloni

Cosa la spinge a continuare l'iniziativa del "Premio Città di Bozzolo"? Cosa ne pensa dei molti giovani venuti a visitare la mostra?

 

La mostra ha radici lontane, 70 anni fa. Nel 2003 il Premio è stato ripreso. Quindi non è idea mia. Ma fin dall’inizio questa è stata un’iniziativa sostenuta dall’Amministrazione Comunale. Nel 2021, la pandemia aveva spinto a sospendere il tutto. Oggi è stata riproposta e questa volta, da precedente volontaria e “attivista”, ci ho lavorato da assessore. Fare una mostra di arte contemporanea a Bozzolo significa immergere la nostra città nella contemporaneità per non rinchiuderci nel nostro nido. L’arte può raccontare il mondo e suggerirci proiezioni per il futuro. L’idea è di portare Bozzolo a dialogare con il presente e non solo a mitizzare il passato o l’esterno. Valorizzarci rispetto ad un esistente.

 

 

Ravagna

Quali sono i maggiori cambiamenti che, nel corso della sua carriera, ha notato nei giovani?

 

Oggi voi usufruite di vantaggi che noi, della mia generazione, non avevamo. Un benessere più consolidato e la possibilità, che io invidio, di informarvi molto facilmente. Adesso basta pochissimo per avere in mano il mondo, nel bene e nel male. Questo implica una grande responsabilità e consapevolezza. Lo spirito critico oggi è un o strumento essenziale per sopravvivere, un veicolo di libertà e di padronanza di sé. Quindi le giovani generazioni a mio avviso sono migliori delle vecchie. Anche se io non mi sento per niente vecchia, perché coltivare passioni e pensare non permette di invecchiare nel senso negativo.

 

Saccenti

Qual è la sua visione rispetto allo sviluppo culturale nella nostra comunità?

Impegnarsi nel fare proposte per impegnare la cittadinanza a seguire eventi e attività culturali. Inoltre, è fondamentale che a Bozzolo vengano potenziate e create istituzioni culturali. Ad esempio, la biblioteca, luogo non solo di libri ma anche di scambio di idee. Con essa, la pinacoteca, luogo di mostre temporanee, un’area in cui bisogna agire e intervenire. E lavoro per lasciare il testimone a qualcuno dopo di me. Un testimone stabile. Terzo pilastro, l’archivio del comune. La fonte del nostro passato e la chiave per il nostro futuro.


BABONI

 

Ritiene che la tecnologia nel settore culturale sia un investimento, o che implichi delle conseguenze pericolose?

 

Credo che la tecnologia sia un grandissimo investimento di cui non si possa fare a meno. Oggi è imprescindibile. Dobbiamo utilizzarla imparando ad utilizzarla, senza esagerare nella fiducia in essa ma guidandola, gestendola con intelligenza e con lungimiranza. Servendocene. Oggi anche l’archivistica è condivisa su piattaforme che permettono di usufruire di un sapere sconfinato, a portata di mano ogni momento del giorno e della notte.

 

Pietralunga

In classe abbiamo letto un brano di Asimov in cui l’istruzione degli esseri umani era affidata ai robot; in questi giorni si parla di “intelligenza artificiale”. Lei ritiene che sia possibile un futuro del genere?

 

È un tema molto grande, su cui stiamo molto riflettendo. Non ho una soluzione. Però ho la consapevolezza che siamo all’inizio di una nuova era. Voi avete studiato la storia per segmenti. La contemporaneità è già stata superata. Voi sarete i primi testimoni di un genere umano diverso da noi. Di un cambio di paradigma.

 

Pietralunga


In questo periodo di conflitti tra popoli, nazioni, religioni o etnie diverse, sente anche lei l’importanza della cultura come possibile soluzione?
 

Sì, assolutamente. La cultura è l’unico elemento su cui incidere per arrivare alla pace. Conoscenza, informazione, dialogo. Dai miei pochi viaggi effettuati, nei paesi arabi, sono tornata più preoccupata rispetto ad un’inclusione, secondo me, molto difficile. Credo non sia mai il caso di insistere sull’aspetto religioso come matrice, in quanto mi sembra che questo sia motivo di divisione. Deve essere tutelata e rispettata, garantita, ma è nel dialogo e nei punti in comune che possiamo trovare un terreno fertile.

 

 

Canevari

Un’ultima domanda: a quando l’inaugurazione della nuova sede della Biblioteca?

Purtroppo ancora non so! Spero davvero entro il 2024, ma non dipende da me. Ci sono tanti problemi strutturali e progettuali che ci stanno facendo slittare l’apertura. I mobili ci sono ancora ma aspettiamo passaggi che tardano ad avvenire per avere l’abilitazione all’uso.

 

Grazie infinite per la Sua pazienza e disponibilità. Buon lavoro!

La redazione

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