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IL RIFUGIO E LA TRAPPOLA

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I media digitali, in primo luogo lo smartphone e Internet, hanno profondamente modificato il nostro modo di studiare, informarci, relazionarci e connetterci con il mondo. Siamo sempre iperconnessi e, secondo i risultati della ricerca “Digital Global” del 2018, ogni italiano passa in media più di sei ore collegato ad Internet, due di queste sui social network. 

 Il rischio di dipendenza da Internet, soprattutto di noi giovani (la cosiddetta “Internet Addiction”) è quindi piuttosto alto, tanto che nel 2016 presso il Policlinico Gemelli di Roma è stato aperto il primo ambulatorio pubblico per curare le psicopatologie da web. Non mancano poi casi estremi, come i circa 100.000 giovani – per lo più maschi – che in Italia hanno scelto il vero e proprio ritiro sociale: si chiamano Hikikomori, termine giapponese che si traduce letteralmente come “stare in disparte”  e definisce chi, per svariati motivi, decide di restare chiuso nella propria camera da letto in completo isolamento sociale per mesi ma spesso anche per anni (Fonte: https://www.hikikomoriitalia.it/).

La dipendenza da Internet si presenta a tutti gli effetti, soprattutto per le sue conseguenze psico-fisiche e sociali, come altre forme di dipendenza. In questo caso, però,  l’oggetto desiderato è rappresentato dalla Rete e dalle tante attività ed esperienze che è possibile vivere e condividere online: frequentare i social network, chattare, videogiocare, seguire le serie tv in streaming, giocare d’azzardo etc…
L’appagamento che si prova nel vivere nel mondo virtuale deriva dall’ estraniarsi dal proprio corpo e da una realtà giudicata spesso difficile e complessa, trovando rifugio in una dimensione nella quale tutto sembra più facile, nella quale si è liberi di diventare chi si vuole e non è necessario impegnarsi per ricevere consenso sociale.

Sui social, ad esempio, si diventa importanti attraverso i ‘like” ricevuti o la popolarità raggiunta grazie al numero dei “followers”, di chi  segue i contenuti che pubblichiamo; passa attraverso la scarica di adrenalina e l’esternazione della rabbia, possibile grazie al videogiocare con i games cosiddetti “sparatutto”.  Questa situazione viene troppo spesso considerata semplicemente come “nuova inevitabile normalità". 

La tentazione più facile è pensare: “Così fan tutti”.

Vi sono certamente casi in cui l’eccessiva permanenza online rappresenta una prima entusiastica fase di scoperta e di innamoramento della Rete che regredisce naturalmente e spontaneamente, rientrando in limiti accettabili. 

Vi sono però molti giovani per cui la Rete diventa non più un passatempo ma l’attività e il centro gravitazionale della giornata e della propria vita, non lasciando spazio ad altro. Nella migliore delle ipotesi si va incontro all’isolamento sociale e ad un calo del rendimento scolastico, nella peggiore alla perdita di contatto con la realtà, all’impossibilità di smettere e all’abbandono della principale occupazione (scuola o lavoro).  
Per non arrivare a questi livelli, la prevenzione diventa fondamentale. Nonostante non esistano soluzioni pre-confezionate, il primo importante passo è cercare di mantenere sempre aperto il dialogo con i propri genitori/insegnanti. Alcune sintomatologie sono, ad esempio, l’impossibilità di smettere l’attività che si sta svolgendo online (il gioco, la visione di un film etc..), la dimostrazione di rabbia, nervosismo e ansia nel momento in cui non ci si può collegare ad Internet o si viene interrotti, il calo del rendimento scolastico e l’indebolimento delle relazioni sociali.

Altro aspetto importante è promuovere un utilizzo sano e positivo della Rete: genitori, insegnanti, associazioni del territorio, dovrebbero insegnarci, fin da piccoli, che Internet offre moltissime possibilità per conoscere, informarsi e imparare “divertendosi”, grazie alla presenza di numerose piattaforme web dedicati ai ragazzi. Aiutarci  mostrandoci software di supporto allo studio o semplicemente come è possibile condividere contenuti in sicurezza, è un modo per accompagnarci nella nostra esperienza di navigazione e condividere un momento di complicità. Non è però scontato che tutti i genitori siano capaci di fare quanto suggerito, al contrario, può spesso succedere che siano loro i primi ad avere bisogno di una guida. In questo caso, potrebbero loro chiedere a noi ragazzi di mostrarci “come fare” e loro, di contro, possono trasmetterci alcune regole di buon senso e cittadinanza digitale in grado di orientarci. E’ importante  per gli adulti, informarsi e mostrare interesse per il mondo che noi figli frequentiamo.

È importante anche capire che a volte è necessario rivolgersi a un centro o a esperti quando la situazione diventa incontrollabile nonostante l'impegno della famiglia e della scuola.

In rete, può succedere che ci siano atti di cyberbullismo.

Proprio per questo, bisogna parlare e interagire con la famiglia, i professori… e

RICORDATEVI CHE DIETRO LA RETE, CI PUO’ ESSERE CHIUNQUE.

Marco Saccenti

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