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IL TEMPO DELLA STELLA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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“Il tempo della stella è finito”, dicono in molti, non considerando ciò che si cela dietro quella tanto rinomata figura a sei punte gialla che veniva cucita sugli unici vestiti che avevano i deportati ebrei nei campi di concentramento nazi-fascisti durante la seconda guerra mondiale.

Nonostante siano passati ormai più di 80 anni, questo distintivo, utilizzato per marchiare il popolo ebraico, continua a rendersi attuale perché dinamiche di ghettizzazione a seguito di un "etichettamento" sono tuttora presenti e in aumento con l’inizio della guerra nella striscia di Gaza, perché si coglie l’occasione di questo conflitto per manifestare il proprio odio nei confronti del popolo ebraico come è accaduto a Roma lo scorso novembre, con lo sfregio di due pietre d’inciampo, o a Marcinelle (Belgio) dove 85 lapidi ebraiche sono state danneggiate.  

D'altronde, se l’antisemitismo si fosse estinto con la seconda guerra mondiale, non staremmo qui a parlare di eventi sempre più recenti: roghi in cimiteri ebraici in Austria, atti di violenza nei confronti di persone ebree in Francia, svastiche e stelle disegnate sui muri in tutta Europa, graffiti su treni recanti minacce o intimidazioni per Israele in UK e molto altro ancora costruiscono dal 7 ottobre 2023, data dello scoppio della guerra nella striscia di Gaza e massiccio ritorno dell’antisemitismo in Europa, un quadro odierno sempre più grave e simile al passato.

Un vissuto oscuro per cui si sensibilizza molto ma, purtroppo, sempre più spesso questo concetto, che si cerca di dare con l’istruzione, non viene interiorizzato dalle nuove generazioni perché non consapevoli dei danni dell'indifferenza.

Esse infatti si privano di un valore che apre le menti e rende liberi: la memoria.

In fondo, cos’è la libertà?

Non è solo un concetto fitto di sfaccettature di cui ognuno ne coglie una?

Serve poco per capire che il vandalismo a sfondo razziale e antisemita, che vediamo e sentiamo in Italia con un totale di 98 casi tra hate speech, vandalismo o violenza e bullismo dal 7 ottobre, sia la più grande privazione di libertà.

Soprattutto perché è la memoria del cuore nella storia che viene distrutta: uno sfregio nel passato inaudito, ferite che si aprono sempre di più, perché ciò che fu nella seconda guerra mondiale, con lo sterminio ebreo, perde valore e si ripete dopo 75 anni, nel 2023.

L'unica differenza tra il passato e ora è che esistono i social media, grandi canali di comunicazione con cui il proprio messaggio può arrivare a tutti, come nel caso della professoressa di Treviso che ha pubblicato una storia su Instagram dove parla di Hitler dandogli ragione per le atrocità da lui commesse.

Riflettendo, l’uomo vandalo, aggressore e razzista è una persona cinica che si rifiuta di assimilare valori basati sui limiti delle proprie libertà.

La conseguenza di questo odio, che sempre avviene nella storia, è la comprensione della dignità umana: il diritto di una persona ad essere apprezzata e rispettata per sé stessa e ad essere trattata eticamente con dei diritti e doveri, per fare in modo che dinamiche di etichettamento non avvengano dato che non esistono distinzioni.

Solo se si continua su questa linea ideologica potremmo imparare a capire le conseguenze di quando, ritenendoci superiori, neghiamo delle libertà a qualcun’altro infrangendo il nostro “limite”. Inoltre solo se si continua a lottare per un’etica di uguaglianza e pace si potrà vincere una vera e propria “guerra” contro chi pensa ancora che la forza brutale e cinica delle armi sia più forte di un pensiero colto e critico contro le ingiustizie.

 

Micheloni Alessandro

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