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AMORE AMARO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Sono innumerevoli le canzoni d’amore in cui si parla di possesso; “sei l’unica”, “sei solo mia” e via dicendo.

Tuttavia, in queste parole non si avverte uno stampo violento o aggressivo; piacciono, e quando qualcuno le dedica ci si sente apprezzati. Questo perché essere pensati da qualcuno ci fa sentire speciali e, molte volte, si arriva a scavalcare il sottile limite tra affetto e manipolazione senza nemmeno accorgersene, con la vista completamente offuscata.

Si instaurano quindi legami malati tra potenziali vittime e aggressori che vengono mascherati da insospettabili relazioni affettive tra due bravi ragazzi e dai quali, a prescindere dalla maturità delle vittime, è molto difficile uscire, se intrappolati da tempo. E i campanelli d’allarme ci sono, sempre: umiliazione, gelosia, intimidazione; tutti indizi che devono allarmare chiunque si senta preda di una relazione "tossica" affinché si possa giungere ad un finale che non comporti dei decessi, ma un’auspicabile riconciliazione tra le parti.

E quindi, chi sono davvero quegli uomini di cui sentiamo parlare negli articoli di giornale e cosa delle loro esperienze li hanno resi dei violenti aggressori? Noi, dall’altro canto, abbiamo paura di provare empatia nei loro confronti?

I casi sono molteplici, ma spesso i punti comuni parlano di uomini cresciuti in contesti violenti, dove la prevaricazione è all'ordine del giorno, spesso picchiati, abusati o esposti ad una carenza di cure. Talvolta si ha a che fare con i figli di coppie in cui il padre maltratta la madre, esposti alla violenza da sempre, che l'hanno appresa, imparando a conoscere e ad applicare solo quel modello. Poi ci sono le personalità tendenti al controllo, caratterizzate da un’identità fragile che camuffano con la prepotenza. Sono quelli la cui personalità va in pezzi di fronte ad un “no” e che reagiscono con la rabbia, una delle poche emozioni che conoscono, una rabbia che parla di impotenza e frustrazione. Altri tendono ad isolare la propria partner, a stabilire rapporti esclusivi  in cui la gelosia è quotidiana. E poi ci sono i narcisisti: vere e proprie superstar della psicologia, che concepiscono la relazione solo in funzione del proprio vantaggio e che esercitano una violenza psicologica non meno devastante. Se poi aggiungiamo a questi individui l'utilizzo di alcol o di sostanze il “mix” diventa esplosivo per l'incapacità di gestire emozioni e reazioni (il delirio di gelosia, ad esempio, è un quadro tipico del soggetto alcolista). Dai tratti di personalità si passa poi alla vera e propria patologia: il disturbo antisociale (termine spesso correlato a psicopatici e sociopatici), per esempio, porta ad un’indifferenza nei confronti degli altri, una mancanza di empatia e rimorso, un disinteresse nei confronti delle regole e del bene altrui. I tratti dominanti sono l’impulsività e l’aggressività, altrettanto patologiche. Infine, nel campionario ci sono i soggetti con disturbo borderline di personalità, che vivono le emozioni in maniera caotica e incontrollata, disorganizzata, e che percepiscono sensazioni di vuoto interiore ricorrendo spesso ad alcol e droga sino a mettere in atto comportamenti autolesionistici.

Crediamo dunque che questi uomini non 'scelgano' di essere crudeli, ma che siano anch'essi, seppur in parte, delle vittime; vittime del contesto sociale, della propria storia familiare, della mancanza di alternative sane, della carenza di un’educazione all’affettività e della prevenzione psichiatrica. Sono vittime del fatto che nessuno sia intervenuto quando si è accorto delle urla nella casa accanto preferendo l’indifferenza  per paura di ritorsioni. Un atto violento non deve essere mai giustificato, ma compreso, il passo successivo può essere allora il recupero di una esistenza umana.

La pena senza rieducazione non è utile a nessuno, tanto meno alla società. La pena deve consistere nella presa di consapevolezza e nel conseguente intervento volto a dare alla comunità una speranza. La violenza va smantellata con interventi professionali e mirati alla rieducazione se non ad una ricostruzione.

Non tutti gli aggressori vengono condannati all'ergastolo; non tutte le violenze finiscono, per fortuna, con la morte della vittima. 

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Alessandro Micheloni

Edoardo Fazzi

Caterina Canevari

Leonardo Pietralunga

Ginevra Ravagna

Alessia Bradac

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