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CATTURATI NELLA RETE
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La nostra è una generazione nata con la tecnologia in mano, visto che una volta non c’erano i cellulari, i tablet o i computer, dato che a partire dagli anni settanta, le tecnologie proprie dell'informatica hanno cominciato ad integrarsi con le telecomunicazioni.
Poi, dalla metà degli anni ottanta, anche grazie alla diffusione dei personal computer, è iniziata una rivoluzione di portata epocale: la rivoluzione digitale applicata al campo audio.
Prima di ciò, esistevano, al massimo, le tv in bianco e nero, le cabine telefoniche o il telefono fisso a cui non sapevi chi ti avrebbe risposto, mentre oggi, basta un dito e possiamo fare ciò che vogliamo, quando e dove lo vogliamo, perciò noi pensiamo che sia bello avere un dispositivo elettronico.
Però dobbiamo fare un passo indietro e capire, innanzitutto, cosa sia la tecnologia digitale.
La tecnologia è un aiuto nei nostri confronti che ci semplifica la vita, riduce le distanze, aumenta le nostre possibilità di conoscenza (in quantità, più che in qualità) ma ha alcuni effetti collaterali, ad esempio accorcia la pazienza e aumenta l'impulsività. Le distrazioni continue, infatti, diminuiscono la memoria di lavoro.
Però esiste anche un altro effetto collaterale.
La dipendenza tecnologica, ovvero un uso continuo di ogni forma di tecnologia che ci fa stare bene e, soprattutto, ci aiuta perché basta un “clic” per cercare tutto ciò che ci serve.
Da qui è stato coniato il termine “Hikikomori”, termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte” ed è usato per indicare coloro, di cui in Italia sono l'1,7% del totale degli studenti italiani e un 2,6% della popolazione che corrisponde a circa 67 mila giovani, che decidono di ritirarsi dalla vita sociale, chiudendosi in casa, senza avere alcun contatto diretto con il mondo esterno, a volte nemmeno con i propri genitori, che però prevede solo il momento nel quale si sta da soli e in alcuni casi senza apparecchiature tecnologiche.
Questo può essere causato dal bullismo, in cui una persona si sente superiore ad un’altra, perciò gli arreca danno fisico o psicologico per un tempo prolungato, date le sue capacità e debolezze e questo fenomeno è presente maggiormente tra noi giovani visto che ci relazioniamo di più con i coetanei, in cui si cerca l’approvazione degli altri usando, senza cognizione, i dispositivi, che nei casi più gravi si arriva anche a suicidarsi per ciò.
Ma anche per colpa dei genitori che non si interessano del proprio figlio o perché non si ha amici e quindi si cerca di farseli via chat di videogiochi o social.
E da qui possiamo intuire le sue conseguenze.
Tra queste, sicuramente diventare asociali, e perciò isolarsi, e non andare bene a scuola, causato dall’uso continuo dei dispositivi che se tolti provocano rabbia e aggressività.
Ma il problema ancora più grave è quello che se si continua ad usare un apparecchio digitale si può perdere il contatto con la realtà e se si prova a fartela riavere ci potrebbe volere molto tempo per riabituarci, a cui ci sono delle soluzioni, tra cui il parlarne con un amico o fare delle attività all’interno di una comunità.
Perciò è stato coniato un termine appropriato, che è la derealizzazione cioè un disturbo psicologico che fa sì che una persona percepisca il mondo come irreale o distaccato.
Questo può causare una sensazione di estraneità o di dissociazione dal proprio corpo e dalle esperienze quotidiane.
Andrea Renoldi
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