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SU MISURA

Attrezzature sartoriali

L’unione tra il disegno e l’architettura più creativa che possa esistere: la moda. Sempre presente, in ogni secolo. La moda ci rappresenta. I vestiti che si indossano fanno la persona, possono cambiarci, condizionarci. Questo è sempre stato il mio pensiero sulla mia più grande passione. Da piccola amavo osservare nei cartoni animati gli abiti che le principesse indossavano, guardare le interviste dei più importanti stilisti che esponevano le loro collezioni, andare ai matrimoni per vedere gli abiti e poi, a casa, trasferirli su un foglio, disegnandoli, ma soprattutto, ammiravo passare il tempo con mia nonna, aspirante stilista ma che per impedimenti familiari finì per diventare operaia in un'azienda di moda. Lei mi insegnava il punto e croce e speravo che un giorno, avrei intrapreso la strada che lei non aveva potuto prendere. Ma quando durante la quarantena causata dal Covid-19 non andai più da mia nonna, iniziai a perdere questa passione, mi staccai completamente, e quando iniziai a rivederla, l’interesse riaffiorò. Essendo più grande e avendo internet come strumento, mi legai al mondo della moda più che mai, potevo fare ricerche, guardare le riviste da computer, guardare le tendenze. Ora non passo più il tempo con mia nonna cucendo, perché lei sta invecchiando e non riesce più a farlo, ma con mia mamma, che l’anno scorso ha voluto intraprendere un corso di cucito. La mia famiglia è sempre stata legata al mondo della moda, pure mio padre, che per poco tempo è stato un modello, ma poi ha deciso di smettere, non avendo condizioni familiari adatte per viaggiare. E per tutte queste ragioni, diventare stilista è il mio più grande sogno. La stilista crea, disegna una collezione di moda secondo un tema. La creatività è il senso più importante che si deve avere se si vuole lavorare nella moda. Ma conversando insieme ad una sarta nel mio paese, ho scoperto che lei aveva trovato la passione della moda tardi e quindi aveva frequentato l’istituto Marangoni a Milano a fine anni ‘70 e si trovava nel corso un ragazzo siciliano, Domenico Dolce. Mi aveva raccontato che lui era molto studioso perché voleva raggiungere l’obiettivo che lui ora ha realizzato. “Nonostante ciò, era sempre disponibile e gentile”: un altro punto che si deve avere per lavorare nella moda ma anche nel mondo è saper affrontare le difficoltà ed essere gentili per le varie esigenze che si avranno in futuro. Bisogna avere occhio, sia alla precisione che alle tendenze, creare il giusto capo nel periodo esatto, è estremamente importante per garantire maggior acquisti. La moda è sempre esistita fin dal medioevo, dove il colore delle vesti dei monarchi indicavano avvenimenti differenti. Nel 1600-1800 le regine per le cerimonie usavano vestiti immensi, ricamati a perfezione, gli stilisti in quei secoli erano solamente uomini poiché le donne erano impegnate con la famiglia e non potevano lavorare ancora, non esistevano taglie, venivano fatti su misura, anche perché in quei secoli si usavano i corsetti, che permettevano la deformazione delle forme, rendendo le corporature uguali; mentre nella Belle epoque i vestiti iniziavano a diventare minimalisti e neutri. La figura dello stilista nacque nel 1800 dove si iniziò a capire il concetto di moda, mentre nel 1850 a Parigi nasce la “haute couture”, l’alta moda, gli stilisti esponevano la loro collezione nella propria casa con i loro clienti più stretti. In Italia c’era il marchese Giorgini, nel 1951 che lanciò l’alta moda italiana a Firenze, ci furono clienti aristocratici, americani e la stampa. Ma il secolo con più cambiamenti è stato il XX secolo. Ogni decennio corrispondeva ad una tendenza completamente diversa rispetto agli anni precedenti. 

Nel 1920 e 1930 le donne indossavano principalmente vestiti larghi e semplici che richiamavano l’emancipazione delle donne, abbattendo i vecchi ideali di bellezza. Negli anni ‘50 si iniziava a mostrare le proprie forme femminili usando abiti aderenti che stringevano sulla vita ma che avevano una gonna larga, ampia; l’emblema di questi anni è stata l’attrice Marilyn Monroe, che rispecchiava tutti i canoni di bellezza di quegli anni, inoltre, ha influenzato la società femminile usando quotidianamente gli iconici pantaloni a vita alta. Il 1960 viene chiamato “l’anno della ribellione”, di cui la super modella Twiggy ne è il simbolo: trucco esagerato e psichedelico, postura scoordinata e la tipica minigonna, fino agli anni ‘60 le gonne dovevano raggiungere il ginocchio. Gli anni più rivoluzionari nella moda sono stati gli anni ‘70, ‘80 e ‘90, i giovani iniziavano ad esprimere il loro disagio, la società perfetta non esisteva più, la rabbia che iniziava ad invadere l’ambito della moda: l’estetica del brutto e dell’eccesso. Gli abiti iniziarono ad essere per entrambi i sessi, iniziarono ad esserci i pantaloni a palazzo, i bomber, i blazer e il maxi dress, icona assieme a David Bowie, i colori vivaci e a contraddizione, lo stile streetwear, stile consumato, sporco, nato dalla povertà e quindi riciclo, assieme all’hip hop che iniziarono ad espandersi oltre alle periferie newyorkesi. Negli anni 2000 nelle tendenze venivano incluse molte diversità, accettando il concetto di bellezza ancora più vasto. Venivano amati i pantaloni a vita bassa, i micro top, le tute e il rosa. Le tendenze erano  il miscuglio di  vari stili degli anni precedenti e prendevano spunto dalle cantanti più famose in quel decennio: Christina Aguilera, Beyoncè, Britney Spears… Ho sempre creduto che la moda facesse da specchio, come se riflettesse il periodo storico su uno stile,  per esempio gli anni ‘80 erano anni di “esplosioni di emozioni” e ci si sbizzarriva con i colori perché, molto probabilmente, i giovani  non volevano più seguire gli stereotipi , mentre nel 1920, i vestiti erano minimalisti, semplici, perché si era appena usciti dalla guerra e ognuno doveva riprendersi dal trauma. Credo che la moda abbia un'utilità fondamentale in questo mondo, se si trova lo stile giusto ci si può trovare se stessi, a volte. E come disse Miuccia Prada: “Quello che indossi è il tuo modo di presentarti al mondo, specialmente oggi che viviamo in un’era in cui il contatto umano è così rapido. La moda è un linguaggio istantaneo”, la moda è l’arte più dominante, si trova ovunque e in qualsiasi anno. Ogni stile, ogni vestito che indossiamo, rappresenta il nostro “io”, il nostro ego che si presenta davanti alla società a cui basta guardarci per capire chi siamo e qual è il nostro carattere. Nella mia infanzia ho sempre cercato di mostrare la parte più sincera di me, provando ad entrare nella società, forse è per quello che questo ambito mi abbia colpito così tanto, ora ho pensieri vaghi su ciò che vorrò fare nel mondo della moda, varie ragazze dell’ultimo anno che ho conosciuto nella scuola di moda che andrò a frequentare, mi hanno confessato che erano entrate con l’intenzione di diventare fashion designer, ma che con lo studio hanno trovato la loro giusta via come modelliste, due lavori completamente diversi: la fashion designer immagina e disegna collezioni su vari ambiti, come accessori, borse, maglieria, per poi darle al modellista che ha il compito di realizzare i progetti seguendo le istruzioni della fashion designer. A me piacerebbe lavorare come stilista per continuare la strada che mia nonna aveva interrotto sperando di non avere anch’io impedimenti familiari o personali che possano impedirmi di viaggiare, anche se nella moda bisogna avere conoscenze e fortuna per avere successo.

Celeste Piva

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