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COL FIATO SOSPESO

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​Ho intervistato mia nonna paterna: Magni Maria, nata il 1 febbraio 1939 di 84 anni. È nata in una cascina ad Acquanegra appena dopo il ponte di ferro sul fiume Oglio.

Ha frequentato la scuola solo fino alla quinta elementare e successivamente ha cominciato ad aiutare nei campi dei genitori e raggiunta l’età per lavorare ha cominciato a recarsi nelle ortaie per zappare gli ortaggi da vendere ai primi mercati. A 19 anni è stata assunta come operaia dalla ditta di Bozzolo “La Galbani”. Si è sposata il 2 dicembre 1961 con Anghinoni Giovanni, che purtroppo non ho avuto il piacere di conoscere. Da esso sono nati tre figli: lo zio Paolo nato nel 1962; mio papà Francesco nel 1967 e mia zia Alessandra nel 1972 ed ha la fortuna di avere intorno a lei cinque nipoti. 

I suoi hobbies erano il cucito e il ricamo con l’uncinetto che ha dovuto abbandonare quando si è sposata per dedicarsi completamente alla casa. Oggi invece passa il tempo guardando la televisione e ascoltando i “The Kolors”.

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  1. Ha frequentato solo i cinque anni della scuola primaria dal 1945 al 1950, dai sei a undici anni. La prima elementare l’ha frequentata ad Acquanegra mentre gli anni successivi li ha frequentati a Bozzolo in seguito al suo trasferimento in cascina vicino al paese. 

  2. La nonna non ricorda il nome della maestra, ma si ricorda solo il suo soprannome “Magnanella”, chiamata così per il lavoro del marito, il fabbro. 

  3. Le aule erano numerosissime composte da un minimo di trenta ragazzi, tutti avevano l’obbligo di indossare il grembiule nero con il colletto bianco compresa l’insegnante. Erano classi miste e avevano l’obbligo di alzarsi quando entrava in classe la maestra e salutarla in modo cortese dicendo: -”Buongiorno signora maestra”. In classe gli alunni erano divisi in banchi da tre. 

  4. In classe si respirava un clima di tensione e di terrore perché tutti gli alunni avevano paura dell’insegnante che, quando loro erano distratti, chiacchieravano con il compagno o addirittura quando non capivano un argomento, gridava e picchiava su mani e testa o addirittura li metteva anche dietro alla lavagna come punizione. 

  5. I rapporti di amicizia erano molto pochi o quasi inesistenti, perché le famiglie non si frequentavano molto e gli alunni in classe erano terrorizzati. Ricorda in particolare Rosa, una sua compagna di banco che amava disegnare ed era anche molto brava ma che non ha potuto coltivare il suo sogno perché in classe veniva sempre ripresa e picchiata dalla maestra quando si perdeva nei suoi disegni.

  6. Non c’era nessun rapporto tra alunno e insegnante: l’alunno aveva soggezione ed era traumatizzato dall’insegnante, invece l’insegnante era molto rigida e non si preoccupava che tutti gli alunni avessero raggiunto lo stesso livello.

  7. Le lezioni iniziavano alle otto e terminavano alle tredici, da lunedì al sabato. Avevano una maestra per tutte le discipline, per esse bisognava portare due libri: uno di matematica e italiano e l’altro con le materie di studio; storia, geografia e scienze insieme a due quaderni; uno a righe e uno a quadretti. Le matite erano contenute in un piccolo astuccio insieme al temperino di ferro, ai pastelli e al solo pennino perché l’inchiostro veniva utilizzato solo a casa e a scuola. Il tutto era contenuto in una cartelletta portata a mano. Oltre a questo materiale era richiesto anche di indossare un grembiule nero come segno di uguaglianza. I compiti li eseguiva sempre da sola, tranne certe volte in cui chiedeva consiglio a sua zia. Alla fine della quinta elementare si svolgeva un esame che riguardava tutte le materie con la stessa maestra. Non si studiavano lingue straniere, non si partecipava a laboratori pratici  come per esempio robotica e scacchi e l’educazione fisica si svolgeva nell’atrio della scuola in inverno mentre in primavera ed estate nel giardino interno della scuola.

  8. Per raggiungere le scuole che ha frequentato (ad Acquanegra e a Bozzolo) ha sempre usato le proprie gambe facendo km sia all’andata sia al ritorno. L’edificio scolastico dove ha frequentato la prima elementare ad Acquanegra era una nuova costruzione molto grande che comprendeva sia le elementari che le medie e aveva un orto interno che serviva per imparare un lavoro cioè coltivare la terra. L’edificio scolastico di Bozzolo invece (dove ha passato 4 anni di elementari) era meno grande ed è lo stesso delle attuali medie; con aule grandi con, al loro interno, banchi di legno a tre posti.

  9. Il tempo che dedicava ai compiti era di circa un’oretta dopo che aveva aiutato in casa a sistemare la cucina e dopo aver svolto dei piccoli lavori all’aria aperta, in cortile. Alla sera al massimo ripassava la lezione perché aveva paura di prendere sberle dalla maestra e di essere bocciata visto che lo facevano addirittura dalla terza elementare.

  10. L’intervallo durava 15 minuti ed era solo uno. La merenda veniva portata da casa e consisteva in un panino al salame o formaggio. Erano molto altruisti perché molto spesso condividevano la merenda con chi non l’aveva. Nei periodi invernali, quando venivano uccisi gli animali (come scorte alimentari) la maestra consegnava un biglietto ai bambini dove chiedeva un pezzo di lardo e strutto. Le famiglie si sentivano obbligate a soddisfare queste richieste per evitare ripercussioni sui figli. Durante l’intervallo giocavano liberi nell’atrio o nel cortile ed i giochi più frequenti erano “nascondino”, “saltare la corda” e correre liberi.

  11. Come momenti divertenti ricorda solo l’intervallo perché poteva stare spensierata a giocare con i suoi compagni in un posto dove si sentiva sicura nel tempo di guerra in cui si trovava.

  12. Di episodi tristi ne ha vissuti tanti ed uno in particolare lo ricorda con molta angoscia. Si trovava sull’argine di Acquanegra, di ritorno da scuola, camminando sul ciglio della strada come tutti gli altri giorni. Ad un tratto, guardando un aeroplano sulla sua testa, si è spostata in mezzo alla strada e questa è stata la sua fortuna. La mitragliatrice dell’aereo aveva cominciato a sparare ai lati della strada tanto che ha potuto vedere i segni dei proiettili in terra ed ha pensato :”Se non avessi alzato gli occhi al cielo non sarei qua!”. Continuando il suo tragitto verso casa, ha incontrato un uomo con il tabàr (mantello) tutto bucato e le ha spiegato che era stato colpito mentre saltava, per rifugiarsi, dalla sua carrozza in un fosso. Poi ricorda anche Pippo, un aeroplano che bombardava dentro alle case se vedeva una luce accesa dopo il coprifuoco che ricorda essere verso l’una di notte. Un'altra esperienza molto angosciante che ha vissuto è stata quando i soldati tedeschi sono entrati in una casa dopo l’altra, per rifocillare se stessi e i loro cavalli puntando ai padroni di casa il mitra sulla schiena. 

  13. L’idea della scuola che ha avuto da bambina è di una scuola molto severa dove regnava la soggezione e il rifiuto dalla maestra perché era troppo severa; e ancora oggi resta di quella idea di una scuola che non ha insegnato nulla se non la paura. L’unica cosa positiva di allora era che quello che la maestra diceva era legge e non si replicava e anzi,  a casa prendevi il resto.

  14. Le impressioni che ha la nonna sulle scuole di oggi sono che ci impegna per troppo tempo sacrificando a volte anche la domenica per lo studio, gli zaini sono spesso molto pesanti perché contengono più libri per  singole materie a cui si aggiunge ad un  eccessivo uso delle tecnologie.                 

Simona Anghinoni

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