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UNA PROMESSA INFRANTA 

La promessa del Volley Julia Ituma è stata  trovata morta giovedì 13 aprile 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Julia Ituma è nata a Milano l’8 ottobre del 2004 da una famiglia di origini nigeriane. Era considerata una promessa del volley nel ruolo da opposto. Era alla sua prima stagione con la squadra piemontese dell’Igor Novara, dopo aver giocato nel Club Italia. 

La giovane pallavolista con la Nazionale Under 19 aveva vinto l'oro europeo la scorsa estate e aveva avuto il riconoscimento di miglior giocatrice del torneo. Con l'Under 18 era stata vicecampione del mondo nel 2021. Aveva una grande carriera davanti a sé. È stato forse questo a spaventarla? Si sentiva addosso troppa responsabilità quando giocava? Aveva paura di perdere? 


Julia aveva appena disputato e perso col club piemontese la semifinale di Champions League femminile contro l'Eczacibasi. Quella stessa notte è precipitata da una finestra dell’hotel di Istanbul, in Turchia.  

 

Da sportivo, gioco però a calcio, non a pallavolo, mi sento molto dispiaciuto. Amo lo sport ma non deve essere fatto così. Se è per questo che, come qualcuno dice, Julia si è uccisa. È giusto essere competitivi ma non in modo eccessivo. Penso che sia necessario affrontare i problemi in un altro modo e che a maggior ragione, essendo la pallavolo uno sport di squadra sia necessario aiutarsi a vicenda quando ci sono momenti brutti. Non sappiamo se lei abbia chiesto aiuto e non l’abbia ricevuto o se invece si sia isolata, vergognandosi per qualcosa e ritenendo che nessuno l’avrebbe mai capita, ritenendo di non avere via d’uscita. Le sue compagne di squadra, i suoi allenatori, dopo la tragedia, le hanno manifestato grande affetto; l’ex compagna di squadra Stella Nervini affida ai social una lunga lettera a lei dedicata “Chi ti conosce davvero sa che anima fragile tu fossi, quanto bisogno d'amore si celasse dietro ai tuoi gesti, alle tue parole forti, alle tue forme di arroganza”. Da queste parole si capisce che era una ragazza fragile, che cercava di nascondere dietro atteggiamenti arroganti, questa sua fragilità e forse questo successo improvviso, questo essere sotto i riflettori continuamente, per lei era troppo difficile da sostenere. O forse era solo una semplice ragazza di 18 anni come ce ne sono tante, che purtroppo faticano ad affrontare una vita che appare come una grande montagna, difficile da scalare, piena di imprevisti, tranelli e insidie. È importante non lasciare i compagni da soli ma supportarli, dare il nostro aiuto, e aiutarli a chiedere aiuto a persone più competenti. Ci piace chiudere questo articolo con le parole della sua compagna di squadra Caterina Bosetti: «Quando viviamo in squadra questa diventa come una seconda famiglia, ci trascorri insieme tanto tempo e condividi emozioni fortissime …; … mi chiedo quanto davvero tutta la nostra vita frenetica … ci dà modo di conoscere davvero la persona che è al nostro fianco. … Poi penso ancora quanto nella vita bisogna essere più empatici, più gentili, più buoni con le persone che incontriamo durante il nostro cammino perché non sappiamo o perché non riusciamo a capire, nonostante il tempo insieme, le battaglie interiori che stanno combattendo». E questo dovrebbe valere sempre, per chiunque si trovi a fare un pezzo del suo cammino insieme ad altre persone, come succede a noi, compagni di classe, che a volte, in modo troppo superficiale ci prendiamo in giro, ci insultiamo, ci feriamo a parole e a volte non solo, senza fermarci a pensare quanto male stiamo facendo all’altra persona.

 

Mattia Pini 

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