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TUTTO QUEL CHE (NON) RESTA

 

Le voci nel dramma, di Samuele Finetti, Alessandra Muglia e Greta Privitera (Corriere della Sera, 7 febbraio 2023)

 

L’apocalisse. Vite strappate, soffocate dalla polvere delle macerie. Dalle 4.17 del 6 febbraio, la scossa che spacca il terreno cancella migliaia di vite, marchiando con il peso delle macerie e con la forza di 130 atomiche i sopravvissuti: bambini sommersi dall’ammasso di rovine che una volta chiamavano casa, genitori che dovranno fare i conti con la colpa di essere rimasti in vita, a contemplare i propri figli risucchiati dalle voragini nel terreno. Paradossalmente, chi muore veramente? Chi è stato ingoiato dai detriti o chi dovrà convivere con il peso della sopravvivenza, inerme? È davvero meglio sopravvivere da maceria umana, con la sensazione che nulla verrà più? 

Per percepire sulla nostra pelle tutto ciò che sta accadendo al confine tra Turchia e Siria in questi giorni è importante ascoltare le voci dei sopravvissuti, e quindi, dei testimoni di quel terremoto che ha messo in gioco la vita di decine di migliaia di vittime: 

 

“Miracolo a metà: Raghad è viva ma senza la madre (…) A raccontare la loro storia è lo zio. Sarà lui a prendersi cura della piccola perché, anche se il padre riuscisse a sopravvivere alle gravi ferite, rischia di restare con la schiena spezzata, quindi invalido.”

 

“Una notte infinita: ho curato un papà che ha perso tre figli”, “Ci sono tantissime persone con ferite gravi e centinaia di morti. Ho il rumore delle sirene delle ambulanze nelle orecchie. Il nostro Paese è già distrutto da dodici anni di guerra, ora anche la natura ci è venuta contro”. Sono le parole di un medico 26enne che dalla notte del sei febbraio è rimasto al pronto soccorso a medicare, cucire e curare le vittime del terremoto. 

 

Nulla verrà più

Non vi sarà più primavera.

Almanacchi millenari lo predicono a tutti.

Ma nemmeno estate e altre cose

che recano il bell’attributo estivo

nulla verrà più.

Non devi assolutamente piangere,

dice una musica.

Nessun altro dice qualcosa.

 

Ingeborg Bachmann


 

Caterina Canevari

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