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LEZIONI DAL FRONTE

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La guerra è iniziata ormai da qualche mese e le truppe tedesche cercano di arrivare a Parigi.

Potrei tranquillamente tenermi il mio posto da professoressa universitaria che occupo ormai da qualche anno, restando indifferente al conflitto.

Invece ho sospeso tutte le mie ricerche e sono partita in treno per Bordeaux. Ho portato con me il mio intero stock di radium, conservandolo in una banca locale perché non finisca nelle le mani del governo. Sono consapevole di ciò che avrebbe portato questo conflitto, per cui ho deciso di trovare un modo per curare i soldati feriti al fronte. Grazie alle mie conoscenze e al radio rimasto, cercherò in tutti i modi di salvare il maggior numero di vite possibili, usando la scienza non a scopo bellico, ma per salvare vite.

Lavorare in queste condizioni non è facile ed è pure molto pericoloso. Inoltre, dall’inizio della guerra, noi scienziati non siamo ben visti dagli intellettuali e viceversa. Tutto questo sta creando un disagio nel mondo della scienza che, oltre a dover pensare alla guerra, deve capire da che parte schierarsi.

Da anni studio i raggi x ma, la medicina, non è il mio campo d’azione. Con il poco tempo che ho cercherò di studiare al meglio l’anatomia umana mentre mi trovo sul campo di battaglia per soccorrere in modo efficiente i feriti.

Questa scoperta porterebbe un cambiamento importantissimo alla mia un cambiamento importantissimo per la mia reputazione che, in quegli anni, era completamente a pezzi dopo la morte di mio marito. Potrei riscattarmi per le migliaia di vite salvate. Molti dei miei colleghi non credono che tutte queste ricerche possano avere una qualche utilità, ma io non mi arrendo e, grazie alla mia perseveranza e determinazione, riuscirò a raggiungere i miei traguardi.

Mi sono procurata un veicolo e l’ho attrezzato per bene creando così la prima unità radiologica mobile. Di certo solo questo non mi basterà: cercherò di farmi fornire altri mezzi mobili di questo tipo così da poter replicare ciò che ho fatto su questo e creare una “squadra”, tutta mia, specializzata in questi interventi. Mi servirò di finanziamenti forniti da altri Stati, da donazioni e collette per procurarmi altri veicoli da attrezzare.

Sono passati due anni dall’inizio della guerra. È il 1916 e, dopo innumerevoli lotte, il governo mi ha finalmente fornito di circa venti ambulanze per soccorrere i soldati. Ho dovuto imparare a guidarle prendendo anche la patente.

Adesso devo solo trasportare le macchine radiologiche sopra le ambulanze che mi sono state fornite. Questo lavoro sta venendo svolto da piccole industrie, così che i chirurghi di guerra possano usare i raggi x per le loro operazioni per riuscire a rimuovere proiettili o schegge che potrebbero essere mortali, senza aspettare di arrivare negli ospedali.

L’unico problema è come fornire l'elettricità alle macchine radiologiche. Studio il design dei veicoli da giorni e finalmente sono arrivata alla soluzione di applicare una dinamo, che fornisca elettricità alla macchina. 

Inoltre in questi due anni di attesa ho creato più di 200 centri di servizio radiologico nei vari avamposti sparsi poco lontano dal fronte. 

Finalmente mi sento soddisfatta e adesso posso permettermi di rilassarmi: non mi accadeva da mesi di potermi prendere una pausa, anche solo per un giorno. Ero troppo presa dai miei studi e perseguitata da chi mi tormentava dopo la morte di Pierre. Mi farò affiancare da mia figlia Irene e da qualche medico militare, che mi saranno fondamentali. Mi serve anche più personale qualificato: comincerò ad istruire altre donne come assistenti radiologiche, me ne serviranno circa 150. 

Nel corso della storia noi donne siamo sempre state considerate inferiori all’uomo in tutto; nel mondo della politica e in quello del lavoro, non ci sono mai state date delle opportunità, ce le siamo sempre dovute guadagnare con tanta fatica. Il fatto di aiutare degli uomini in difficoltà e feriti è un modo per dimostrare alla Francia e a tutto il mondo il valore di noi donne. La richiesta di radio al fronte è molto elevata, perciò inventai un metodo che si serviva di una pompa elettrica per estrarre il radio allo stato gassoso: in questo modo la sua estrazione è resa molto più rapida e la consegna avviene tramite tubi di vetro che ne permettono l’annessione direttamente nel corpo del paziente.

Stiamo attraversando il fronte occidentale. La guerra è iniziata ormai da circa tre anni e non dà mai tregua. Ogni giorno io e le mie compagne assistiamo a scene angoscianti e agghiaccianti che ci lasciano sempre senza parole. Non riesco a capire come l’uomo possa poter fare qualcosa di così doloroso ad un suo simile, ad un essere umano proprio come lui. Ogni sera ci rifletto e ogni volta mi sorgono sempre più domande su tutto ciò.

Per me la guerra è una crudeltà incomprensibile nei gesti e nel pensiero.

Da notare è anche l’indifferenza verso i soldati, che lottano in un misto tra sangue e fango con al loro fianco i cadaveri dei loro compagni. Purtroppo ho osservato tutto questo e per questo sto cercando di dare altri contributi per salvare il maggior numero di vite. Sto tentando di vendere i miei premi Nobel per aumentare il finanziamento dell’operazione. In molti mi consigliano di evitare perché, secondo loro, sono delle onorificenze troppo importanti per la Francia che, a quanto pare, sono ritenute più rilevanti della vita dei soldati al fronte.

Dopo altri due anni di questo impietoso scenario la guerra finalmente è finita. È  l’undici novembre del 1918. Adesso che tutto è finito cercherò di ricreare il mio laboratorio di radio, a Parigi, per proseguire le mie ricerche, anche se in una Francia distrutta.

 

Diego Caporale

Tommaso Lafelli

Angelo Cirelli

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