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QUANDO LO SPECCHIO NON PERDONA
È prima mattina. Sono già pronta per cominciare a ballare. La luce entra prepotente nella stanza e svela ogni piccolo granello di polvere. Il parquet bianco della sala prove è consumato solo in alcuni punti, levigato dai passi di tutti i ballerini che vi si sono esercitati per anni. Anche oggi, come sempre, sarà una lunga giornata e lavoreremo fino a tardi.
Dopo essermi cambiata negli spogliatoi mi dirigo subito verso la sbarra per cominciare a scaldarmi. Le assi iniziano a scricchiolare: Plié, Tendu, Battement Jeté. Mi preparo a ballare la coreografia, inizio con un tombé; poi proseguo, pas de bourrée, grands jetés fino a toccare tutti gli otto punti della sala. Voglio arrivare alla perfezione, mi rimprovero, devo saltare più in alto, con più fluidità e leggerezza. DEVO ESSERE PERFETTA.
Lo specchio non dà scampo agli errori: è il peggior nemico di una ballerina.
Mi si richiedono armonia e bellezza perciò continuo a ripetere ancora e ancora,
tombé, pas de bourrée, et grands jetés. Posso contare solo sulla spinta delle gambe per eseguire una eccellente pirouette. La danza è pura emozione ed ho soltanto il mio corpo per diffonderla. Mentre volteggio penso a quanto sia duro questo sport, richiede infatti perfezione e precisione. Purtroppo ciò, da parte mia, non è sempre possibile. Davanti allo specchio mi sento diversa ma quando comincio a ballare è tutto più semplice. La difficoltà con la mia mancanza è elevata ma sulla fatica vince l’amore per il ballo.
Le mie braccia sono “rimaste in cielo” ed io non ci posso fare nulla, quindi continuerò a fare ciò che mi fa sentire uguale agli altri: ballare.
Non è ancora come voglio. Ricomincio tutta la coreografia da capo.
Sono sfinita, le gambe stanno per cedere ma non si arrendono. Mi osservo attentamente al grande specchio di fronte a me, quello specchio che provoca dubbi, perplessità, rabbia e scoraggiamento.
I miei occhi parlano chiaro, si confrontano con lo specchio, come se fosse una persona, che parla di me, che mi giudica, dicendomi che sono diversa, come molte persone credono. Dalla nascita sono stata vittima di pregiudizi ma mia madre non me lo ha mai fatto pesare; mi ha sempre considerata come tutti gli altri, senza alcun difetto. Durante la mia vita molte persone mi hanno fatto sentire fuori posto. Tuttavia il pregiudizio non partiva solo dai bambini o ragazzi che mi conoscevano, ma anche dai loro genitori, i quali li convincevano a starmi lontana, perché io per loro ero strana, bizzarra, ANORMALE.
Quando iniziai a ballare molte scuole di danza non mi accettarono mentre altri guardarono oltre alle apparenze e capirono che, nonostante la mia disabilità, avevo un grande talento e sarei potuta diventare una ballerina famosa, come lo sono ora.
Cominciai a ballare quando avevo sei anni. A quell’età non avevo ancora appreso a pieno ciò che comportasse la mia “malattia” ma, con il tempo, me ne resi conto. Anche grazie alla danza riuscii ad elaborare meglio ciò che non avevo. Più crescevo più la mia disabilità diventava grande e difficile da sopportare. Mi rendevo conto sempre più dei limiti che avrei dovuto superare senza avere le braccia. Danzare senza queste sembra una cosa inimmaginabile. In realtà tutto è possibile perché, nonostante la mia invalidità, riesco a bere il caffè, a pettinarmi, a dipingere con metodi alternativi. I miei piedi infatti sono diventati le mie mani e le gambe sono i miei arti superiori. A causa di ciò, però, ho una scoliosi molto grave e sono costretta a portare un busto ortopedico. In questi giorni mi sto preparando per uno spettacolo che farò insieme a Roberto Bolle. Questa esibizione sarà una delle più importanti della mia vita perchè avrò l’occasione di ballare con il mio idolo, uno dei più importanti ballerini al mondo. Faremo un pas de deux. Devo perfezionare la mia tecnica e lo specchio stavolta mi aiuta, mi indica gli errori, mi sprona sempre di più. Quando mi vedo allo specchio mentre svolgo correttamente un passo, o una parte della coreografia, sono motivata a continuare e a cadere per poi rialzarmi più forte. Quando uno spettatore vede dei ballerini pensa che tutto ciò che fanno sia facile ma, dietro ad una coreografia perfetta, c’è un lavoro che solo chi è come noi può capire. Durante la mia crescita e la mia carriera non sono stata presa in giro solo per il mio aspetto ma anche per il mio sport che risulta “banale” agli occhi degli altri. L’unico che capisce noi ballerini è proprio lo specchio. Lui è come un compagno di viaggio per noi, che ci accompagna fino alla fine del nostro percorso e ci lascia solo quando davanti a noi c’è un pubblico. Durante il mio percorso mi è capitato spesso di sentirmi “abbandonata” dallo specchio, perché senza quello non posso vedere com’è la mia esibizione, se la sto svolgendo in modo corretto, se le mie gambe sono coordinate tra loro, se il mio sguardo esprime ciò che sto ballando. Un altro lato fondamentale della danza che, grazie allo specchio, può migliorare, è infatti lo sguardo. Esso è necessario per far capire allo spettatore ciò che sta trasmettendo il balletto che si sta guardando. Dallo sguardo si possono capire molte cose: se un ballerino è insicuro o, al contrario, se un balletto lo si sta svolgendo in modo corretto oppure no, se rappresenta la rabbia, la gioia, il dolore. Mi ricordo che, un giorno, stavo svolgendo una coreografia correttamente ma il mio sguardo era rivolto verso il basso, confuso, e mostrava che ero incerta sullo svolgimento della coreografia. La mia insegnante mi confidò che la quando balliamo davanti ad un pubblico gli spettatori non conoscono la coreografia ma, se vedono che siamo confusi, capiscono che stiamo sbagliando; quindi, se si è incerti, non è importante che il balletto sia giusto ma fatto male, ma che anche se si sbaglia il pubblico non se ne accorga.
Nonostante la mia disabilità e le difficoltà che questa comporta io continuo e continuerò fino allo sfinimento per inseguire il mio sogno e la mia passione. Vorrei trasmetterla a tutti. All'inizio non mi reputavo brava ma, con il tempo, ci sono riuscita e adesso eccomi qua, sono una ballerina professionista.
Vi voglio dire di non abbattervi, usate tutte le forze che avete. Anche se qualcuno vi scoraggerà, non vi dovrà interessare, ma dovrete pensare solo a voi stessi perché siete voi a comandare la vostra vita, non gli altri; voi dovete abbattere questo ostacolo perché nulla e nessuno al mondo vi potrà mai fermare. La vita è vostra e voi dovete far vedere agli altri chi siete. Non dovete mollare ogni parola, ogni insulto, ogni atto di bullismo, ogni dispetto nei vostri confronti: dovrete usarli come carburante per raggiungere i vostri obiettivi e, finché non dimostrerete a tutti quanti che si sbagliavano, noi non dobbiamo mollare perché non ci sarà sensazione migliore, appagante, di arrivare in cima e guardarli dall'alto verso il basso.
Braccioni Alessia
Florea Vlad
Matei Martina