MASACCIO
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8 Marzo 1425
Verso mezzogiorno
Stamattina, mentre con Masolino stavamo proseguendo i lavori alla Cappella, è entrato messer Brancacci con una lettera. Era stata inviata da Roma. L’ho aperta dopo un attimo di esitazione. Mi tremavano le mani. Il cardinale Branda mi vuole ad affrescare una cappella di San Clemente. Roma... Per un attimo, gli occhi mi sono scivolati addosso alla figura maschile che sto terminando. La sua testa china, mentre riceve il battesimo, con le ginocchia nell’acqua che voglio rendere trasparente come un velo. A distrarmi è stata la voce di Masolino, che come sempre ha avuto qualcosa da ridire. “Tu? A Roma? Ad affrescare una delle basiliche più importanti della cristianità?” La sua voce è sempre pungente e scherzosa. Un misto tra scherzo e schiaffo. “Guarda lassù come hai dipinto Adamo ed Eva! Sono talmente tozzi e disperati che sembrano dei mostri!”. Mi giro a guardarli, come se li vedessi per la prima volta. Due figure così umane da imbarazzarmi, cariche di vergogna, di colpa, nude nel viso ancor prima che nel corpo. Forse ha ragione lui, ma non mi faccio sfuggire l’occasione di replicare. Mica mi chiamano Masaccio per nulla. ”Almeno qui ci sono persone, invece nel tuo sembrano tutte statue”.
Forse è troppo, voler ribattere a colui che è il tuo maestro. In fondo, ho solo 25 anni. Forse Masolino ci ha visto giusto. La mia pittura è un mondo che agli altri fa paura. Troppo realistica, troppo drammatica. Troppo.
Stavamo litigando un po’ per gioco un po’ sul serio quando ci siamo resi conto che il colore stava asciugando, e perdere tempo e denaro così stupidamente era imperdonabile.
Noi siamo così. Prendiamo fuoco subito, ma smorziamo altrettanto presto. Ci vogliamo un bene infinito, anche se sul ponteggio siamo rivali. “Quando sarà finita sarà uno spettacolo, già me l’immagino”, con queste parole abbiamo ripreso i pennelli.
Non so quanto tempo fosse passato. Il pranzo era ancora nelle nostre ceste, quando sottovoce Masolino mi ha chiesto: “Mi potresti aiutare con quelle montagne?” Questa volta, la voce era un soffio. “Sai, ho tante altre commissioni, vorrei portarmi avanti con quelle”.
“E i tuoi garzoni?”, ho replicato con un’immediatezza di cui mi sono subito pentito.
“Di loro non mi fido come di te. Ho visto come riesci a sfumare, a creare lo spazio attorno ai personaggi. No, sarebbe bello avere la tua mano per le montagne”.
“Va bene, ma allora devi ammettere che sono migliore di te”.
“Questo scordatelo. Prima dovrai avere la mia esperienza. Allora, con il tuo talento, forse, ne riparleremo”.
E così, dopo questa ennesima discussione, abbiamo proseguito fino al tramonto, quando la luce non era che un filo sempre più debole.
La strada del ritorno ci vede sempre camminare insieme. Solitamente, dopo una giornata intera di duro lavoro, non abbiamo molto da dirci. Ma anche il silenzio parla. E noi due sappiamo parlarci anche così. Ascoltando il rumore dei nostri passi, per le vie della città.
Quella sera però mi sentivo solo, svuotato. Così ho chiesto al mio Maestro di rimanere con me e di condividere la mia povera tavola. Non ricordavo il tempo di aver avuto ospiti. Io non amo le compagnie inutili, le chiacchiere, le baldorie. Mi rendono nervoso. Ma Masolino non è uno qualsiasi. Così, ho preparato in tavola il servizio di piatti più belli.
“Grazie per aver dipinto lo sfondo del mio affresco, con il tuo aiuto sarà ancora più bello”.
Le parole di Masolino erano leggere, con un filo di commozione che solo chi lo conosce bene poteva cogliere. “Non dovresti ringraziarmi, in fondo sei tu quello che mi ha fatto migliorare”. Nel frattempo io avevo deciso. Sarei partito per Roma. Ma portando anche lui, Masolino, con me.
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L'arte di Masaccio, fondatore della pittura rinascimentale, si è giocata in un tempo brevissimo: dal 1422 al 1428. In questi sei anni il ragazzo dal passato oscuro e difficile abbraccia la raffinata cultura fiorentina e rivoluziona la pittura con una visione profondamente umana, di un realismo senza precedenti.
Tommaso di Ser Giovanni Cassai, detto Masaccio, nasce a San Giovanni Valdarno nel 1401. Il padre, notaio, muore giovanissimo (circa ventisette anni d'età) lasciando la moglie e due figli piccoli. La famiglia di Masaccio, inizialmente benestante, con la morte del padre attraversa una serie di difficoltà. Dai documenti vengono riportate liti tra parenti per via dell'eredità. La madre di Masaccio si risposa con un commerciante, ma la tutela dei figli non le viene riconosciuta. Giovanni, il fratello minore, si arruola giovanissimo nell'esercito del condottiero Fortebraccio da Montone, mentre Tommaso lavora come decoratore di cassoni, riprendendo una antica tradizione di famiglia probabilmente appresa dal nonno.
Il soprannome Masaccio sembra sia dovuto alla sua trascuratezza nel vestire e nel vivere, più che ad una connotazione negativa: non pare sia riferito a vizi e non sono riportate notizie di comportamenti deplorevoli da parte del pittore. Il Vasari lo ritiene di "bontà naturale".
Non si hanno notizie sulla formazione.
Secondo gli studiosi, Masaccio si trasferisce a Firenze, con il fratello, verso la fine del 1417, e nel 1418 il suo nome risulta nella parrocchia fiorentina di San Niccolò in Oltrarno.
Il primo documento certo sul pittore è del 1422, quando risulta immatricolato all'Arte dei Medici e degli Speziali di Firenze. Ma dell'arco di anni tra 1418 e 1422 non ci sono notizie. Non conosciamo il maestro o i maestri di Masaccio, è però facile pensare che la vivace città di Firenze, con la ricchezza di opere e artisti che presentava in quegli anni abbia potuto stimolare la sua creatività e arricchire il suo bagaglio culturale.
La vita e la vicenda artistica di Masaccio resta in gran parte misteriosa per la scarsità di notizie che lo riguardano.
Al 1425 sembra risalire il primo viaggio di Masaccio insieme al suo socio Masolino a Roma.
Masaccio scomparve giovanissimo nel 1428, a ventisette anni d'età. Anche sulla morte rimangono molti dubbi. Le testimonianze antiche concordano solo sul viaggio, intrapreso da Masaccio per Roma, in quella data. Poi divergono sui motivi della morte: si parla di un agguato di banditi nel quale sarebbe rimasto vittima, o anche di avvelenamento da parte di ignoti. Ma la coincidenza con la morte precoce del padre fa anche pensare a una malattia ereditaria.
Nei primi anni di soggiorno a Firenze per Masaccio diventa molto importante la collaborazione con il suo conterraneo Masolino, pittore più anziano ed esperto, insieme al quale realizza diverse opere, tra cui gli affreschi della Cappella Brancacci a Firenze.
Il vero maestro di Masaccio è però il Brunelleschi, con il quale ha legami di profonda amicizia, e probabilmente anche con Donatello.
I personaggi delle sue opere hanno i volti delle persone che lo circondano e fanno parte della sua vita. Masaccio sceglie come modelli i suoi compagni o popolani, poveri, mendicanti. I loro volti si fissano nella loro ansia, hanno espressioni assorte, mute e pensose. Gli ambienti in cui Masaccio collocò i suoi personaggi rendono sempre un senso di realtà e verità, ci sono riferimenti continui a un mondo vissuto, trasmettono una forte coscienza della concretezza dell'esistere.