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IL VIAGGIO

Qualche tempo fa in classe abbiamo parlato di immigrazione in seguito ai numerosi sbarchi e purtroppo naufragi avvenuti di recente nel mar Mediterraneo. In particolare ci è rimasto impresso quanto accaduto il 18 Dicembre 2022 di fronte alle coste della Sicilia vicino a Lampedusa: un terribile naufragio che ha visto morire una bambina, Rokia, di due anni, partita dalla Costa d’Avorio insieme alla sua mamma. Rokia si era imbarcata in Tunisia sabato 17 Dicembre, costo del viaggio 2500 euro. Chissà quanti sogni, speranze, desideri avevano i migranti presenti sulla piccola barca e chissà quanta paura quando la barca si è capovolta. Chissà cos’ha pensato Rokia e come ha cercato disperatamente la sua mamma mentre l’acqua la avvolgeva. Una vedetta della Guardia di Finanza ha salvato tutti; tutti tranne la piccola Rokia che aveva troppa acqua nei polmoni. Si è fatto tutto il possibile ma a nulla sono valsi i vari tentativi per salvarla purtroppo! Una storia terribile che ce ne ha fatta venire in mente un’altra. La storia di Samia, di cui avevamo letto qualche brano in classe.

Samia è una ragazza nata a Mogadiscio il 30 Aprile 1991. Aveva un sogno, partecipare alle Olimpiadi. Le piaceva correre ed ha esaudito il suo sogno nel 2008 partecipando alle Olimpiadi di Pechino. Non vince ma si fa notare. Arriva ultima ma la applaudono, per la sua forza, il suo coraggio. Non ha la tuta, le scarpe adatte ma è riuscita a qualificarsi e arriva fino in fondo alla gara. L’allenatore era il suo migliore amico Ali e la sua palestra le strade di Mogadiscio, devastata dalla guerra civile. Sin da piccola ha una passione: la corsa. Si allena ogni giorno sfidando il pericolo di un paese in guerra ed “impara a volare.”. Diventa la ragazza più veloce della Somalia, fino a rappresentare il suo paese, a soli 17 anni, alle Olimpiadi. Una volta ritornata a casa trova il suo paese e la sua famiglia in condizioni ancora più drammatiche. Deve correre con il burqa, il padre viene ucciso, Ali entra in un gruppo di terroristi. Samia capisce che l’unica cosa che le rimane per poter realizzare il suo sogno, correre alle Olimpiadi di Londra, è fuggire dalla Somalia per raggiungere il fratello e allenarsi per le prossime Olimpiadi.

Così decide di intraprendere il viaggio della disperazione, il terribile viaggio che hanno tentato molti migranti: sopravvivere al deserto per raggiungere la costa e imbarcarsi verso l’Europa. Sono mesi terribili, di umiliazioni, di vessazioni. Finalmente arriva in Libia, il sogno sembra sempre più vicino. Riesce a prendere una barca che dalla Libia avrebbe dovuta portarla in Italia. Muore invece annegata il 2 Aprile 2012 nel Mar Mediterraneo a soli 21 anni. Portava in sé un desiderio di riscatto e di giustizia, per sé, per tutte le donne somale e invece è diventata una vittima, insieme ad altre vittime, è diventato un simbolo dell’ingiustizia patita. E purtroppo questo continua ad accadere anche in tutti questi giorni in cui si parla di sbarchi, di naufragi, di morti in mare. Ma ci sembra che il governo, i politici che devono prendere le decisioni importanti, non si rendano conto che queste persone che muoiono, che provano a migliorare la propria situazione con questi viaggi drammatici, in condizioni disperate, subendo violenze e torture di ogni genere, sono esseri umani, titolari di quei Diritti di cui noi continuiamo giustamente a parlare in classe, ma che non vediamo applicati da chi, per primo, dovrebbe dare l’esempio. E mentre stiamo per terminare l’articolo, accade un’altra tragedia enorme: una barca partita da Smirne e carica di migranti si sbriciola davanti alle coste calabresi vicino a Cutro. Tra i morti, due gemellini di pochi anni e un bimbo di pochi mesi; sulla spiaggia, le urla disperate dei sopravvissuti alla ricerca dei propri cari. Un parroco arriva sul luogo della tragedia per aiutare e dare conforto, le sue parole un grido allo Stato: «Non possiamo organizzarci per arrivare prima che muoiano?» Fra i tanti morti purtroppo c'è anche Shahida Raza, giovane calciatrice e anche capitano della nazionale femminile di hockey su prato del Pakistan, che viaggiava sul barcone insieme ad almeno altri 150 profughi. Ha giocato a hockey per il Pakistan a livello internazionale e ha giocato a calcio a livello nazionale. Shahida aveva deciso di affrontare i rischi della traversata dalla Turchia pur di scappare via dalle persecuzioni del suo paese e ha affrontato il viaggio, che le è costato 4000 euro, stipata nella stiva in condizioni disumane. Era anche una madre single ma la bambina non era con lei. La storia di questa giovane donna, forte, coraggiosa, talentuosa che voleva dare a sé stessa e a sua figlia un futuro, proprio come Samia, un’altra giovane donna talentuosa, che ha provato a darsi una possibilità, la possibilità di realizzare il suo sogno, quello di vincere le olimpiadi e di vivere in un mondo non sconvolto dalla guerra.

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Irene Degli Esposti 

Valentina Fantini 

Emma Buttarelli 

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