LA FORMULA DELL’AMORE
Settantacinque anni, ormai docente in pensione. Un figlio disabile, che in ventidue anni di vita non ha mai capito pienamente. Un grande interesse per lo studio del cervello nelle sue piccole particelle ma soprattutto uno sproporzionato amore per il suo unigenito, Natan, nonostante le difficoltà.
Così inizia la “pazza iniziativa” di Randolfo Frattesi, come ama definire la sua scelta comandata da un grande amore per il figlio: iscriversi alla facoltà di Fisica per analizzare il cervello e capirlo sperando di poter aiutare il figlio autistico.
Da questo curioso ed emozionante fatto possono scaturire molte osservazioni di genere scientifico o psicologico, ma soprattutto trapela l’amore per un figlio gettato in un mondo non comprensivo nei suoi confronti.
A scaturire però più dibattito è la scuola che ha scelto: né in ambito psicologico, né in ambito medico, bensì in ramo fisico.
Questa scelta è stata spiegata dal professore con l’esempio che fa trasudare un uomo intento a “superarsi”, trovare ciò che ritiene "irraggiungibile" come buchi nere e galassie, rendendo ancora più lontano e isolato un “universo” a noi vicino: capire il cervello per gli altri e non per la scoperta.
Così il padre, prima che professore, ha deciso di analizzare chi nessuno vuole capire veramente attraverso ciò che lui definisce un “viaggio nella mente” per “tuffarsi” in un mondo che viene abbandonato per pensare ad altro.
Frattesi ha precisato che questo enorme sforzo è fatto in nome di suo figlio, dell’amore che li lega come ma soprattutto per tutti coloro che si sentono “isolati” ed “esclusi” dal mondo in cui devono avere il coraggio di andare avanti.
Questo grande risultato, che si può paragonare ad un tesoro, ha anche lo scopo di motivare Natan e tutte quelle persone che soffrono di disabilità nel presente e, principalmente, nel futuro perché il destino non guarda in faccia a nessuno. Anche noi quindi potremmo rispecchiarci nel ragazzo o in suo padre.
Alessandro Micheloni