LIBERAZIONE E LIBERTÀ SOGNATA
«Intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico», queste le parole di Aldo Moro pronunciate nel 1975 e volte a costituire un monito rivolto allo Stato rispetto alla natura, soprattutto storica, di tale celebrazione. È, oggi come allora, doveroso far fronte dunque all’inconfutabile memoria storica, accantonando quella personale, mettendo da parte memorie, ricordi, racconti tramandati e cause di rancori inaspritisi col tempo. Ciò che quindi è (e deve essere) componente portante nell’identità dello Stato italiano è l’antifascismo o, meglio, l’a-fascismo. Questo perché il prefisso ἀντι- («contro») presuppone l’esistenza di qualcosa da debellare, mentre il fascismo è qualcosa di appartenente (per nostra fortuna) al passato e non più esistente, mentre il termine afascismo, con l’utilizzo dell’alfa privativo (ἀ), non ne implica l’esistenza. Riconoscere i valori su cui si fonda la nostra Repubblica (afascismo compreso) dovrebbe dunque interessare chiunque all’interno dello Stato, no?Ebbene, ciò che, concretamente, non permette pienamente di confermare quanto scritto sopra è ben presente, e risiede anche nella celebrazione della giornata del venticinque aprile. Durante tale celebrazione, a discapito delle parole di Moro, tanti, troppi si limitano a pronunciare discorsi scontati, vani, fini a se stessi, che raggiungono le orecchie di una di un insieme di persone per la stragrande maggioranza disinteressate alla consapevolezza storica, assolutamente importante in una comunità in cui viga l’unità popolare senza compromettere il pluralismo sociale e politico di cui si parlava e in cui risiede il concetto di Stato a cui ancora oggi dobbiamo aspirare a conseguire, e non quelle di una popolazione attenta e partecipe (di cui avremmo un disperato bisogno). Oggi la maggior parte delle persone strumentalizza il venticinque aprile per servirsi di un megafono per una scorretta competizione politica presente. Ciò per dire quanto in realtà ancora oggi non possiamo definirci liberi nei termini in cui le persone come Aldo Moro intendevano la liberazione, la libertà. Noi non siamo veramente liberi, ma schiavi di un tempo che ci assilla con continui affronti per una prevalenza: come a sentire il bisogno, il dovere di agire, di farsi sentire in un mondo in cui basterebbe limitarsi al semplice vivere. Questa non è la libertà sognata. Ciò che quindi dev’essere l’anniversario della liberazione dall’antifascismo è un confronto inscindibile su ciò che è, ad oggi, il nostro Paese e ciò che fu, il che appare una situazione molto più facile e chiara da spiegare rispetto alla reale circostanza che ci troviamo a vivere: Venticinque aprile; settantanovesimo anniversario della liberazione. Questo è ciò che la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica si limita a conoscere; non un dettaglio, non un’ulteriore consapevolezza nella conoscenza quantomeno fondamentale rispetto ad una pagina di Storia che deve coinvolgerci nella più autentica totalità ininterrottamente da, più o meno, ottant’anni.
Caterina Canevari
Edoardo Fazzi
Alessandro Micheloni