I SOGNI SPEZZATI
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Quanti casi “Masha Amini” ci sono e ci saranno ancora? Tutti conoscono la storia di questa giovane iraniana che, a ventidue anni, è stata uccisa dalla polizia morale solo per il fatto di avere osato portare una ciocca di capelli fuori dal velo. Dopo l’arresto e due giorni di coma, Masha è morta il 16 settembre 2022 in ospedale. La famiglia aveva denunciato il tragico evento ma senza risultato perché gli agenti non hanno ammesso la loro colpa. La vicenda ha sollevato diverse proteste in Iran, che sono sfociate poi in manifestazioni a livello mondiale. Tantissimi hanno provato un forte sentimento di indignazione e rabbia. Ha ancora senso tuttavia manifestare se episodi di questo tipo accadono ancora? Lo scorso anno, infatti, ancora un’altra donna. Ancora un’altra vittima, giovanissima. Si tratta di Amita Garawan, sedicenne, aggredita dalla polizia per non aver portato il velo per scelta personale, anche se obbligatorio. La ragazza si trovava a Teheran, in ospedale, in coma dopo essere stata arrestata dalla polizia morale. Ma che cos’è la polizia morale e perché agisce in questo modo? Bisogna partire dal significato del termine “teocrazia” che indica un ordinamento politico in cui il potere è esercitato in nome di Dio da coloro che si definiscono suoi rappresentanti, o incarnazioni, della divinità. In una teocrazia l’autorità religiosa controlla tutti gli aspetti della vita sociale, sia quelli sacri sia quelli profani (cioè politici, giuridici, di costume, e così via). Un concetto del Corano, l’hisbah, invita ad apprezzare ciò che è giusto e disprezzare ciò che è sbagliato. Ma dove c’è il regime dei talebani anche il semplice rumore dei tacchi di una donna viene punito con fruste e pietre. Anche nel caso di Amita la polizia sosteneva che la ragazza fosse finita in coma a causa di un infarto, mentre la famiglia sostiene che sia stata colpa dei poliziotti. La polizia morale ritiene comunque di agire nel giusto: manganella le donne “malvelate” per rieducarle. Cosa dovrebbe invece rappresentare la polizia? In Italia la Polizia di Stato è un ordinamento civile a statuto speciale, che garantisce sicurezza e mantenimento dell’ordine pubblico. Mentre noi ci sentiamo protetti e abbiamo fiducia nei loro confronti, in Iran o in Afghanistan usano violenza per ristabilire l’ordine. Anche il colore di un abito o la sfumatura di un ombretto, ritenuti peccaminosi, sono puniti con l’arresto e, spesso, l’uccisione. Ancora oggi alle donne, in vari Paesi, vengono vietate molte cose: non hanno il diritto di avere una patente, di ricevere un’istruzione, non possono lavorare o ricevere un proprio stipendio e non possono esprimere liberamente la loro opinione. Ma perché ancora tutto questo? Dove si vuole arrivare? Spesso la donna viene vista come figura che si occupa dei figli, lava, stira, cucina, riordina e quasi mai come lavoratrice e cittadina. E se questa condizione si volesse portare avanti? Si prova fastidio ad avere una donna al proprio fianco che aiuta economicamente la propria famiglia? O magari si prova solamente imbarazzo perché si pensa che non riesca a soddisfare gli obiettivi, fare carriera, portare avanti un compito o che possa essere debole per un “lavoro da uomini”? In tutto questo i talebani contribuiscono in buona parte perché anche loro negano tutti i diritti alle donne non facendole avere un proprio pensiero e una propria indipendenza. Ma perché nessuno interviene? Da cosa è causata la costante paura di non reagire? Infatti i talebani, da quando hanno ripreso il potere, promuovono “il bene” e reprimono “il male”, facendo passare il messaggio che l’uso della violenza sia lecito. Ma non reagire porta a pensare che quello che viene fatto nei confronti delle donne siano delle “punizioni giuste”. Per loro però la parola di Dio è sacra e quindi è giusto così, e nessuno può intervenire. Quindi in un certo senso viene lasciato tutto alle proprie spalle, facendo sembrare che sia una normale situazione, anche quando non lo è. D’altra parte le donne non hanno modo di ribellarsi o scappare e quindi devono stare agli ordini che gli vengono dati. Che educazione c'è dietro tutto questo? Si è potuto pensare che i genitori abbiano fatto lo stesso con altre donne e che essendo degli “esempi da seguire” li abbiano ammirati così tanto da riproporre queste cose. Oppure lo fanno solo perché da piccoli hanno passato una brutta infanzia tanto da condividere questo dolore con le donne (figura che è sempre stata definita debole o oggetto da poter manipolare), facendoci capire che l’educazione (ricevuta sia da bambini che da più grandi) è fondamentale nella nostra vita, per capire sia le cose giuste che quelle sbagliate, imparando dagli errori e non commettendone sempre di più. C’è ancora una volta l’ombra del patriarcato? Con questo termine si intende il dominio autocratico da parte del capo di una famiglia, generalmente detenuto da uomini adulti che, nei confronti della donna, ha il costante comando. Dall’Iran all’Afghanistan: la situazione non cambia. Anzi aumentano le fustigazioni in luoghi pubblici. Qui le donne non possono conoscere uomini al di fuori del marito, mentre al maschio della coppia viene concesso tutto. Se è l’uomo a tradire poco importa. La colpa è solo e unicamente della donna. Perché le donne devono essere controllate, mentre il genere maschile ha la libera scelta su cosa fare? Perché vengono lapidate solo le donne se fanno qualcosa di sbagliato, mentre agli uomini è concesso tutto? Perché passare alla violenza per far capire che il gesto compiuto è sbagliato? Perché la donna non può fare lo stesso quando un uomo commette un adulterio? A cosa porta tutto questo? Ancora dopo tre anni dal caso di Masha Amini, sono state fatte differenze su cosa potesse fare di più l’uomo della donna, degli errori che essa commette, delle regole non rispettate o dei torti fatti. Ma in tutto questo, perché all’uomo è concesso tutto?
Giulia Romagnoli
Isabel Nicoli
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