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CRONACA DI UN DISAMORE

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25 ottobre 1961

 

Scrivo per chiarire la mia mente alla fine di una vita che non ha trovato la forza di avere freni: in molti mi chiedono come mi sento. Onestamente non sono solita a rispondere a queste domande, poiché penso che siano superflue e banali, ma solo adesso rifletto sul fatto che questa mia consuetudine nasconda ciò che il mio animo in realtà sente il bisogno di raccontare. 

Solo ora, ormai vicina a lasciare questa vita terrena, ho tempo di pensare a come, adesso, mi sento. 

Ebbene, in questo momento, alla conclusione del mio Viaggio, mi sento rassegnata ad andarmene dopo una vita in cui sono stata usata e gettata via dopo che le mie idee hanno iniziato a far paura non per incoerenza nei confronti dell'ideologia allora portante dello Stato, ma per la capacità di esse di raggiungere il cuore delle persone in uno Stato che al tempo si reggeva su un totalitarismo ideologico, culturale, mutandone dunque il perfetto equilibrio, senza inoltre tralasciare l'importanza della mia posizione all’interno dello Stato al tempo: troppo alta per una donna. 

Questo è stato il motivo della mia decadenza dalla fama, dal potere, dal lavoro. 

La mia elevata condizione sociale mi ha permesso di adottare, da una prospettiva privilegiata, un nuovo sguardo sul mondo; ciò mi ha permesso di avere conoscenze influenti che che mi hanno fornito l’occasione di affermare e far conoscere il mio intelletto in scritti che mi hanno permesso di essere determinante per la grande propaganda del primo trentennio del Novecento. 

Il mio amore per la comunicazione e per il linguaggio mi hanno permesso di conoscere un uomo con le mie stesse ambizioni e la mia medesima visione di un "Paese ideale". Ci siamo conosciuti, abbiamo condiviso i nostri pensieri, ma anche le intimità di una relazione nata e cresciuta all’oscuro di mariti e mogli. Benito era un uomo che rispecchiava gli ideali politici intellettuali che cercavo da tempo; anche per questo l’ho aiutato nel processo della sua affermazione al potere.

Condividevamo un’idea basata sul giusto equilibrio tra rispetto e autorità: per ciò ho creduto in un (iniziale) lavoro di fermezza e dimostrazione di forza per restaurare un ordine dalle ceneri di uno Stato fortemente violentato dai disagi economici, sociali, lavorativi.

Dopo il '22 ho combattuto molto per la sua presa di posizione: ho cercato di convincere il popolo persuadendolo ad appoggiare ideali che avrebbero combaciato  con l’idea di utopia che ci aveva affascinato e per cui avevamo combattuto. Quando B. è salito al potere ho dunque condiviso le sue idee; mi sono resa utile: ho gestito la propaganda facendo di essa una disciplina assolutamente indispensabile all’idea di Stato che volevamo costruire e dalla quale dipendeva la gestione dell’opinione popolare e, quindi, del consenso. 

E poi, la rinascita dell’Arte classica, di cui mi sono occupata con grande impegno. 

Gli sono sempre stata fedele. Poi, però, i fondamenti sui quali aveva fondato il partito sono mutati improntando sempre di più lo Stato verso una violenza eccessiva ed ingiustificata. Ho sempre mostrato il mio dissenso verso l’alleanza con Hitler e con la promulgazione delle leggi razziali, ma ormai il mio potere e influenza erano minimi.

Così, dopo aver ricevuto una spietata e fredda pugnalata alle spalle sono partita verso l’America, a New York. Ho lasciato la mia casa, le mie passioni. Sono scappata con un odio infinito verso l’uomo con cui ho condiviso una parte di vita e in cui, ahimè, credevo immensamente.

E ora sono qui, seduta su una poltrona nuovamente nella mia nazione natìa a scrivere, sola, con il pensiero dell’uomo che mi ha avvelenata d’amore. Non credo lo perdonerò. 

Ha rovinato i miei sogni, e distrutto le mie ambizioni future. Ho sempre attribuito la responsabilità dei miei errori alla mia ingenuità; ho pensato che i libri su cui ho studiato per tutta la vita non mi avessero dato le risposte alle domande che mi hanno accompagnata lungo tutto il corso della mia vita, ma che mi avessero fornito i mezzi per rispondervi. 

Finalmente sono pronta a ricevere il dono della misericordia di Dio. Finalmente ritrovo la pace dopo essere stata illusa dall'ebbrezza del potere, dei miei pensieri utopistici, delle mie parole, ma soprattutto dell’amore. 

“non esagera e non impazzisce l'uomo che eÌ€ vicino a morire.”

 

Questo dice Tito Speri dal carcere a Cavalletto. La ricerca della verità della propria vita non è altro che un bisogno incondizionato dello spirito quando sta per morire.

Margherita Sarfatti

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Edoardo Fazzi

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