INTERVISTE IMPOSSIBILI
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Anche quest’anno siamo riuniti per un’intervista a un ospite speciale: dopo Galileo Galilei, incontrato lo scorso anno, oggi è il momento del grande filosofo Socrate. Catapultati nell’Atene del quarto secolo avanti Cristo non ti aspetti di trovare tanto caos. Tanta gente che discute per ogni cosa, al mercato per il prezzo di una merce, in strada sul tempo che farà, in Acropoli sul senso di questi tempi. Ma quando il capannello di persone si infittisce è impossibile non trovarlo. Bisogna faticare per guadagnarsi la postazione buona per ascoltare le sue conversazione. Lo avete capito. È lui. Pare aver scelto un nuovo malcapitato nella conversazione che però non molla. Pare che serbi il desiderio di poter dire domani: “Io nella discussione l’ho spuntata con Socrate”. … Ma così non è mai. E questo perché Socrate non parla mai di Sé, ma fa parlare gli altri. Il suo primo intento è quello di capire. Nessun piglio investigativo, non c’è voglia di “corrodere” le fragili fondamenta su cui si fonda l’eticità dei cittadini di Atene.
G: “Buongiorno, Socrate.”
Socrate: “Buongiorno a voi, giovani giornalisti!
G: “Socrate lei ha affermato che “il sapiente è colui che sa di non sapere”; ci può contestualizzare la sua affermazione?”
Socrate: “Intendevo dire in modo provocatorio che del Tutto non si può dire nulla con sicurezza; colui che sa di non sapere si sforza per cercare una verità; chi, invece, presuntuosamente pensa di sapere non si sforza, rimane nelle sue convinzioni, nella sua ignoranza. La mia era una denuncia verso tutti coloro che pensano di saperla lunga sugli uomini e sulla loro natura. Volevo evidenziare i limiti della scienza e invogliare coloro che mi ascoltano a cercare una verità.”
G: “Socrate, lei ha affermato che, attraverso il dialogo, si può ricercare la verità e questa ricerca dura tutta la vita …”
Socrate: “Ho diviso il dialogo in tre momenti ben precisi: l’ironia, la maieutica e la definizione. In un primo momento, attraverso l’ironia, bisogna rendere i propri interlocutori consapevoli della propria ignoranza. L’ironia consiste nel lasciarli parlare per poi porgere loro delle domande alle quali essi non sapranno rispondere. In questo modo gli interlocutori saranno invogliati a ricercare la verità. Da questo momento in poi si aprirà il momento principale del dialogo. Il filosofo, attraverso l’uso della maieutica, ossia “l’arte del far partorire”, aiuterà gli interlocutori a tirar fuori qualcosa che già è dentro di loro. In questo modo la verità sarà una conquista personale. La verità corrisponde ad una definizione di un concetto razionalmente condivisibile da tutti gli interlocutori presenti nel dialogo".
G: “Risposta davvero esauriente! Lei è famosissimo in tutto il mondo per quello che oggi definiamo ironia socratica. Noi non crediamo che il suo interesse fosse quello di prendere in giro l’interlocutore, vero?”
Socrate: “Sì, sicuramente non lo facevo per prendere in giro il mio interlocutore. Io penso che il primo passo per cominciare un discorso sia essere consapevoli della propria ignoranza, essere dunque pronti ad imparare. L’ironia è lo strumento da me utilizzato per far capire al mio interlocutore l’inconsistenza delle sue persuasioni e spingerlo, insinuando in lui il dubbio, a cercare una nuova risposta, una nuova verità.”
G: “Allora avevamo ragione, non lo faceva per schernire l’interlocutore, per deriderlo. Ci tenevamo a precisare con lei la teoria delle virtù come valore, come scienza, le va?”
Socrate: “Sì, certamente. Io credo che la virtù sia una scienza, una ricerca continua; per virtù io intendo il mezzo per realizzare il bene, per essere felici. Virtuosi si diventa soltanto attraverso la cultura, il ragionare, il pensare, il riflettere. La virtù per me è unica, la si può insegnare e a mio avviso dovrebbe essere patrimonio di ognuno di noi. Io penso che la virtù non sia un dono della natura o degli dei, ma una sudata conquista.”
G: “Grazie della risposta così dettagliata. Ma da dove deriva il termine maieutica?”
Socrate: “Arriva dal mondo lavorativo di mia mamma. Lei era una levatrice e, come io aiuto gli uomini a ricercare dentro di sé la verità, lei aiutava le partorienti a dare alla luce i loro figli.”
G: “In molti l’ hanno accusata di corrompere i giovani, di fare loro troppe domande. Cosa ci può dire a proposito di questo?”
Socrate: “Sì, è vero, ma non in modo negativo. Mi spiego meglio: non ho mai voluto imporre la mia dottrina, ma voglio semplicemente aiutare l’uomo nella ricerca della verità dentro di sé e nello sviluppare un proprio punto di vista. La verità può essere, se condivisa da tutti, stabile e logica. Per me il linguaggio deve sempre ammettere il vero.”
G: “D’accordo. Invece qual è la sua posizione circa l’etica?”
Socrate: “Io credo che per adottare il comportamento giusto basta conoscerlo. Senza tener conto della volontà che ha l’individuo né della sua responsabilità individuale.”
G: “Quindi, il comportamento virtuoso è applicato solo da colui che conosce la virtù?”
Socrate: “Sì, esatto. La virtù è il sapere e solo chi lo conosce può comportarsi in modo virtuoso.” G: “Ma perché un individuo dovrebbe applicare il giusto comportamento?”
Socrate: “Perché solo in questo modo si può essere felici, si può raggiungere la felicità.”
G: “Capito. Una curiosità: perché non ha scritto nulla?”
Socrate: “Non ho mai scritto nulla perché ritengo che la filosofia non può essere scritta. La filosofia non può essere stabile; invece se venisse scritta lo sarebbe.”
G: “Come può essere raggiunta la felicità?"
Socrate: “La felicità può essere raggiunta attraverso il sapere, ossia attraverso la virtù; il virtuoso è colui che sa, che è felice perché ha trovato delle verità, delle risposte.”
G: “Cosa ci dice rispetto a chi fa del male?”
Socrate: “A mio avviso chi fa del male lo fa per ignoranza del bene in quanto nessuno fa del male sapendo di farlo.”
G: “Lei è stato accusato di andare contro le leggi dello Stato e della Democrazia.”
Socrate: “Io penso che ciò sia falso: Atene è la mia Patria. Dalla mia città mi sono allontanato solo tre volte per compiere il mio dovere di soldato. Ho sempre rispettato le leggi dello Stato e ho sempre sostenuto di dover credere alle leggi, nella giustizia, e per questo motivo ho sempre affermato che è meglio subire un’ingiustizia piuttosto che contrastarla rischiando così di danneggiare le leggi dello Stato.”
G: “ Perché ha deciso di farsi condannare a morte, perché non ha accettato che il suo amico Critone organizzasse la sua fuga?”
Socrate: “ Vede, sarebbe stato giusto dare del denaro ai guardiani e fuggire? Amo a tal punto vivere sotto la legge di Atene che durante il processo ho rifiutato di considerare l’esilio. Travestirmi da schiavo e scappare con i miei figli per farne degli stranieri? O abbandonarli qui? Dopo avrei ancora potuto parlare agli uomini, come ho sempre fatto, per dire loro che niente ha più valore della Virtù, della Giustizia e della Legge? E poi devo ammettere che sarebbe stato davvero ridicolo, per me che ho passato la vita a filosofare, in pratica ad esercitarmi alla morte, se mi fossi messo in fuga come fuggo mia moglie … di cui invece ho potuto liberarmi!”
G: “A proposito, quali caratteristiche dovrebbe avere un buon maestro?”
Socrate: “L’INSEGNANTE VERO FA EMERGERE ANCHE LE CONOSCENZE CHE SONO DENTRO AL SUO INTERLOCUTORE, DENTRO A OGNUNO DI NOI. Egli NON COMUNICA UNA VERITA’: LA VERITA’ E’ QUALCOSA CHE SI RICERCA INSIEME, QUALCOSA SU CUI CI ACCORDIAMO. Comprendere le posizioni degli altri non è però lo stesso di condividerle. Il dialogo riuscito non implica necessariamente che gli interlocutori siano alla fine della stessa idea, ma si dovrà sempre arrivare a una chiarificazione e migliore conoscenza delle diverse posizioni sull’oggetto della discussione.”
G: “Secondo noi, il compito del docente è quello di insegnare sin dall’inizio ai suoi allievi a camminare da soli — senza che essi camminino realmente da soli perché durante il loro periodo formativo sono affiancati dal docente —, sviluppando in sé la propria libertà e indipendenza di pensiero, in modo tale da poter in futuro camminare veramente da soli, sostituendo la cura del docente con la personale responsabilità su se stessi. La ringraziamo molto Socrate per le risposte e la disponibilità; per fortuna almeno questa volta non ha gettato il dubbio e l’inquietudine ai suoi interlocutori! Ci dobbiamo ritenere fortunati?”
Socrate: “Sì, molto.”
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Classe quarta.
Scuola primaria di Rivarolo Mantovano