PREGA PER ME
9 OTTOBRE 1943,
BOLOGNA
DESTINATARIO: Padre Martino MITTENTE: Padre Nicola
NEW YORK, FIFTH AVENUE 45
Le trombe degli angeli del Paradiso suonano sempre più forte.
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Caro fratello,
il mio peccato più grande è stato mentirti per tutti questi anni e con questa lettera voglio confessarmi. L’Italia è un inferno. Ti ho sempre mentito per non farti soffrire, ma questa è la lettera della fine, la lettera nella quale rimarrai colmo di domande alla quali io non sono la persona giusta per risponderti, perché quando leggerai questa lettera io sarò già morto.
Sono stato condannato a morte. Domani sarà il giorno della sentenza nel quale la mia anima si libererà da questo corpo per raggiungere l’eterno riposo. Ora mi trovo in prigione, mi hanno arrestato i tedeschi perché sospettano di me, forse qualcuno a cui faccio scomodo ha buttato una brutta parola su di me, presumono che io abbia contatti con i partigiani della zona e che la nostra chiesa di San Marco sia l’avamposto dei partigiani locali che sfruttando la reputazione sacra del luogo si nascondono si nascondono al suo interno. Come potresti star immaginando di quella chiesa non ne è rimasto neanche un brandello, dalle sue macerie sono riuscito a scovare il piccolo rosario all’interno dell'ormai distrutto tabernacolo, lo porto ancora appresso. I nostri fedeli si riuniscono nelle loro case a pregare, poiché la casa del Signore è stata distrutta. Da quando sei partito per gli Stati Uniti sorella Michela se n’è andata, è scappata in Svizzera abbandonandoci a noi stessi, la guerra ci trasforma in persone che non avremmo mai pensato di diventare. Ti ricordi di padre Antonio della Diocesi vicina? È stato fucilato in piazza poco più di un mese fa, era stato accusato della stessa cosa per la quale oggi mi trovo in prigione in un'attesa straziante che si placherà domani mattina alle nove in punto, ora italiana. Non potrò che essere debitore a chi mi ucciderà e mi separerà da questo corpo, del mio liberatore ne sarò sempre in debito perché porrà fine alla mia sofferenza.
Caro fratello, prega per lui e per me.
Non voglio più saperne della guerra, fare il cappellano nella Grande Guerra mi ha lasciato una cicatrice ben marcata, nella notte ancora mi perseguitano quei occhi privi di vita che mi fissano come se fossi il suo padre, quel povero ragazzo è morto dolorante con gli occhi freddi come il ghiaccio. La morte non è un trofeo come molti pensano. Non so cosa vuol dire essere un genitore, ma so cosa vuol dire perdere un figlio.
Caro fratello, prega per lui. Ti ricordi della famiglia Banchi e della famiglia Lordi? Sono stati deportati chi sa dove. In un azzardo notturno sono entrato nella loro casa: era tutto a soqquadro. Di soldi, collane, orecchini non ce n'è neanche l’ombra, ogni bene prezioso era stato privato alla casa, l’unica cosa di valore rimasta era il corpo del padre con il piombo che gli ha squarciato la carne in un tentativo di aggressione ai soldati in difesa della famiglia. Caro fratello, prega anche per loro. Ti prego non provare odio verso sorella MIchela, ha fatto ciò che tutti noi avremmo fatto se ne avessimo avuta la possibilità, prega per lei. Non provare odio verso chi mi ucciderà, prega per lui e ringrazialo nel modo più nobile che conosci da parte mia. Mi dispiace di averti mentito per così tanto tempo, e se riuscirai a perdonarmi prega anche per me, ma lasciami per ultimo, dai la priorità agli altri. Sotto al lume di candela concludo questa lettera sperando che ti raggiunga e chiedendoti di farmi un unico ed immenso piacere: non cedere alla tentazione di tornare in Italia. Detto questo ti lascio questa poesia, non l’ho scritta io ma il vero scrittore di una poesia è colui che è in grado di trarne l’essenza a apprezzarla, spero che tu sarai uno di questi scrittori, caro fratello.
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Addio, amico mio, addio
mio caro sei nel mio cuore
questa partenza predestinata
premette che ci incontreremo ancora
arrivederci, amico mio, senza mano, senza parola
nessun dolore e nessuna tristezza dei sopraccigli
in questa vita, morire non è una novità
ma, di certo, non lo è nemmeno vivere
Sergej Esenin
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Quasi dimenticavo, ho ricevuto la tua lettera la settimana scorsa e ne sono rimasto incantato, hai viaggiato fino all’Ecuador e grazie alle offerte caritatevoli della tua parrocchia San Matteo sei riuscito ad aiutare una tribù indigena, questo fa di te un messaggero di fede: questa notte pregherò per te nel poco tempo di vita che mi è rimasto, stai tranquillo non sarà una perdita di tempo, anzi sarò accompagnato dalla preghiera e avrò compagnia al momento della morte.
IL GIORNO DOPO
Sono le 7:50 e fra dieci minuti dovrò dirigermi verso la piazza insieme ad un altro gruppo di prigionieri, nella notte ho pregato e in sogno ho visto il Paradiso, non te lo posso descrivere, è ancora troppo presto per te, lo vedrai quando sarà il tuo momento perché degli occhi innocenti come i tuoi non sono ancora pronti. Mi hanno detto che mi seppelliranno in una fossa comune con altri giustiziati proprio vicina alle macerie della nostra chiesa di San Marco, che sia una coincidenza? Penso di no, Dio è stato il loro consigliere. Se proprio non riuscirai a resistere alla tentazione di tornare in Italia per dare un ultimo saluto a me e alla nostra chiesa aspetta, la nostra penisola è il ventre molle dell'Europa nazi-fascista e fra qualche mese gli alleati probabilmente l’avranno già liberata e solo li dovrai mettere piede in Italia, non prima. I minuti sembrano ore, le ore sembrano giorni, questa attesa straziante mi sta uccidendo ancora prima della fucilazione. Le trombe degli angeli del paradiso suonano sempre più forte, caro fratello è arrivato il momento dell’addio o dell’arrivederci: questo sarai tu a deciderlo.
Mattia Biagi