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 QUELLA STRANA NORMALITÀ 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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“Due mani che si cercano sono l’essenza di tutto il domani”.

Così diceva André Breton all’incirca un secolo fa. Sembra ieri, sembra oggi. E la mente corre ai quattro anni dall’inizio della pandemia da Covid-19.

Tutto era iniziato con pochi contagi, poi ci vedemmo privati prima delle nostre libertà, poi delle nostre speranze per un futuro…poi addirittura della vita dei nostri cari.

Così diventa impossibile dimenticare quei carri militari pieni di bare che attraversavano la città di Bergamo, come un lento ma agonizzante olocausto che colpiva fisicamente e psicologicamente.

Però, nel più completo terrore, una fiamma rimaneva accesa: quella poca fiducia per il futuro rimaneva, e si materializza nella nostra lotta alla normalità, una normalità che non potremmo mai più assaporare.

Perché, nonostante siano passati quattro anni, viviamo ancora influenzati da un’insicurezza nel vivere o da un’ansia sociale e questo sarà impossibile da negare. Ma ci sono solamente lati negativi?

Apparentemente sì, ma se ci pensiamo la cura per la vita e la consapevolezza di una libertà che potrebbe esserci negata, ci rendono sempre più aperti al valore dei diritti; e in parte più comprensivi per chi fugge.

Infatti, in questi quattro anni, non abbiamo dovuto subire solo la paura di una pandemia, ma anche di due guerre, una in Ucraina e una in Palestina, solo che ci siamo quasi abituati a vedere la morte e l’odio, senza accorgerci che la nostra tanto rinomata normalità non sia veramente tornata, perché ancora oggi migliaia di persone muoiono.

Anzi, questo senso di quotidianità non potrebbe essere solo una corazza per non ammettere una costante paura di dover tornare a soffrire?

In effetti stiamo quasi cercando di dimenticare le 130.000 persone che sono morte, come ci stiamo abituando ai, circa, 150.000 soldati che hanno perso la vita nella guerra in Ucraina e alle moltitudini di civili in Palestina che ogni giorno vengono bombardati o fucilati dai loro stessi “cugini”. Stiamo forse diventando nemici di noi stessi?

Nonostante ciò l’importante è imparare, dal piccolo quindi noi, a coltivare germogli di pace, piccoli semi in grado di ricordare la bellezza dell’umanità e che l’uomo nasca e viva per unirsi, non separarsi, in modo da creare una nuova normalità.

 

Alessandro Micheloni

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