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SENTIRSI POPOLO

Per i Greci l’uomo si aggrega in comunità per il più puro sentimento di non restare da solo e poter manifestare il senso stesso di umanità agli altri. Così nasce la politica, un sentimento di coraggio che trova un’origine etimologica nell’unione tra “pòlis” e “tèchne”, ovvero la capacità di fare comunità avendo tecnica, come un’arte. Infatti un perfetto politico greco antico agiva per la più candida motivazione di voler lasciare una traccia nella propria città perché a sua volta la città lo faceva vivere. Se questo ciclo di aiuto non avveniva si entrava nella vergogna, la più grande tristezza per cui ci si sentiva nullità e ignobili per un tradimento verso se stessi e verso gli altri. Così si capisce quanto il concetto di politica si distingua da un’idea di interesse per il guadagno egoistico. Nonostante ciò, al giorno d’oggi, la maggior parte della popolazione tende a non dare fiducia nei confronti della politica, perché ne vede solo il lato più ingannevole ed individualista di essa, non pensando all’origine di questo concetto, che è l’impegno comune per il miglioramento di un popolo… da cosa deriva questo pregiudizio? Molto probabilmente dai continui conflitti d’interesse che tormentano la vita dell'uomo: farlo arrivare a sopravvivere al posto che vivere, diventando un’ombra di se stessi che si muove per ricercare un continuo benessere materiale dettato da un’idea. Questi concetti, però, risultano sempre perenni: basti pensare alle guerre territoriali o alla privatizzazione di beni come l’acqua; viviamo in una gabbia in cui siamo assillati da tante piccole bestie che sembrano piccole ma in realtà sono grandi. Così nasce il cambio di strada da una politica pura (che pur avendo limiti dettati da azioni dure e violente cerca di dedicarsi completamente alla popolazione) ad una partitica; abbiamo perso quel senso di misura e tragicità che ci fa sentire quasi come in difetto e dovere verso ciò che di più grande abbiamo: la fede in Dio o nella società.Ma a chi dare la “colpa”?Come una malattia cronica, questo effetto peggiora e tocca tutti gli ambiti della vita sociale; infatti i giovani sono gli ultimi a vivere ciò ma i primi a soffrirne. Un esempio può essere la logica del degrado, vedere nel destino di uno Stato e della sua organizzazione motivo di crollo, adeguandosi ad arrivare a fine mese per il gusto di una vita monotona e noiosa. Potrebbe essere forse questa la causa originale della negligenza giovanile? Se fosse così si dovrebbero aggiungere anche le incomprensioni a livello di confronto generazionale e la sfiducia da parte dei “grandi” nei confronti dei “Nuovi adulti”. Facendo in modo che si perda l’amore per fare la propria parte nella società in modo da lasciare un segno e decidere di non adeguarsi agli stereotipi o al pregiudizio. Infine concludo lasciando questa citazione di Socrate, e vi chiedo quanto sia possibile vederla nella logica del degrado per rendere questa idea il punto di fondo maggiore, la base per partire: “Il segreto del cambiamento è nel concentrare tutta la tua energia nel costruire del nuovo, non nel combattere il vecchio!”

Alessandro Micheloni

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