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CHI DECIDE LA VOCALE?

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Eliminando le differenze, l'uomo perderebbe la sua identità? Apparentemente, questa domanda potrebbe apparire retorica, ma al giorno d’oggi il timore di essere tacciati come razzisti, intolleranti, omofobi spesso fa scaturire risposte altrettanto retoriche. A parole sicuramente siamo tutti convinti che il diverso da noi debba essere accettato per quello che è, incluso, ma nel profondo dell’animo ne siamo davvero convinti? L’eccessiva apertura, a parole, verso l’altro, rischia di portarci a situazioni paradossali.

Un esempio concreto è la scelta da parte del BBFC (British Board of Film Classification) di classificare “Mary Poppins” un prodotto PG ("parental guidance"), per cui tutti i minori di 12 anni che guardano questo film devono essere accompagnati da un adulto per il solo fatto che si utilizza il termine “ottentotti” (per identificare gli spazzacamini), termine ritenuto dispregiativo e razzista; oppure di stravolgere quelli che sono i dettagli basici per una corretta attinenza alla storia originale, come nel caso del live action del film “La Sirenetta” in cui Ariel, la protagonista, è stata raffigurata nera pur essendo originariamente danese. Questo continuo allontanamento dei giovani nei confronti della tradizione e della diversità sta causando un inutile omologazione che va ad eliminare le stupende sfumature della specie umana. Per questo, sempre di più, si ha paura ad osare e mostrare il proprio dissenso, accontentandosi di sopravvivere al posto di vivere, restare passivi e trasformarsi in un’ombra al posto di battersi per una propria idea. Da questo processo di analisi del problema ci sentiamo sempre di più immersi in una società che tende a vergognarsi di una storia passata caratterizzata da errori.

Infatti è stato proposto di cambiare la denominazione delle vie riportanti nomi di colonizzatori italiani. Così da oscurare una parte della storia, vedendo il corso di  essa come un vanto da mostrare e cambiare come si vuole, non sottoforma di faro perenne come promemoria per non ripetere. Quindi ci siamo chiesti: “Qual è il limite tra inclusione e ipersensibilità?”. Questa sottile linea di confine divide l’inclusione e la diversità, poiché se al mondo mancasse un contrasto non ci sarebbe una pluralità culturale, ideologica che permetta all’uomo di evolversi prendendo spunto dall’estraneo.  

Questa paura che l’altro non si senta pienamente integrato nella società non è altro che il primo pensiero razzista che si possa avere perchè si vede l’altro come diverso e quindi da integrare.

A questo punto il dubbio sulla tanto nominata “retorica del diverso” passa a voi, quale potrà mai essere il limite tra la cura e l’eccesso?

 

Arianna Affini

Martina Armas

Edoardo Fazzi

Alessandro Micheloni

Ginevra Ravagna

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