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L'INIZIO DELLA FINE

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18/08/’24, Ferrara

La notizia mi è giunta stamane, quando al caffè di fronte al mio studiolo ho sentito due persone dialogarne animatamente. Pare che il cadavere martoriato di Matteotti sia stato rinvenuto tra boscaglie nella periferia di Roma. Mi sorprende tanto notevolmente quanto amaramente il fatto che non ne sia sorpreso almeno quanto mi aspetterei d’essere. Certo, sono ugualmente sconvolto dalla perdita di una personalità necessaria all’Italia per le affascinanti ideologie delle quali si è fatta portatrice, ahimé, con un coraggio e con una franchezza tali da candidarsi alla sua esecuzione. Tuttavia, confido in quest’amara scoperta. Spero vivamente che essa porti gli italiani a riunirsi nel comune pianto di una tale lacerazione e quindi a reagire. Forse la mia emotività di umile peccatore sta prendendo il posto della mia solita razionalità, nello scrivere queste parole. Ma, in fondo, cosa può un semplice cittadino nei confronti del proprio Paese, se non confidarvi? Come può vivere tranquillamente in uno Stato il cui governo non lo rappresenta, guida e rassicura? Eppure, sento che il vento sta cambiando. Sento che quelle che inizialmente parevano funi per trainare la nostra Italia verso il benessere dopo la Guerra stiano divenendo salde, fredde, tenaci manette. Vedi, caro compagno, è in realtà da quando il grande conflitto è terminato che sento soffiare attorno a noi il vento del cambiamento. Nulla che io, in assenza di prove, possa affermare, certo; ma quella fresca e piacevole brezza che sapeva di novità, di candida bellezza sta divenendo via via una bufera, una violenta tempesta. Ma queste sono solo supposizioni che caparbie si ripropongono nella mia mente ogni istante che precede la tanto attesa risposta da parte di Sua Maestà. Dunque, ritengo opportuno fare chiarezza circa il contesto storico che ha preceduto questi istanti, in quanto credo che ciò possa costituire una più che opportuna e legittima argomentazione a sostegno della mia tesi. Nell’ottobre del ‘22, decine di migliaia di uomini si radunarono a nome del neonato Partito Nazionale Fascista. Essi provenivano da tutta Italia, ed io stesso ho conoscenti che vi presero parte. Comunque, tale gruppo di uomini armati aveva lo scopo di compiere la cosiddetta “marcia su Roma”, durante la quale occuparono nella totalità non soltanto la capitale, ma anche tutti i mezzi di comunicazione che sarebbero stati utilizzati dai cittadini (stazioni, strade, centrali telefoniche…), con il fine di dare una dimostrazione di forza all'Italia intera. Ovviamente, l'ideatore e capo di tale azione fu Mussolini, che nel frattempo si trovava a Milano. Raggiunto dunque il cuore dello Stato, l’allora Presidente del Consiglio Facta chiese al sovrano di intervenire per placare la folla di uomini in camicia nera, ottenendo tuttavia l’effetto contrario di quanto da lui richiesto: il re convocò a Roma Mussolini e gli affidò l’incarico di formare un governo, Ti confido che, da quell’istante, la mia fiducia di suddito nei confronti del sovrano è andata calando. Non lo nego. Da allora in avanti il nuovo Governo Mussolini intraprese una via di riforme che ad oggi pare non essersi ancora conclusa (certo che sorprenderà sempre la rapidità con cui l’uomo è capace di decretare l’ascesa o il declino di ogni cosa ad egli circostante), e che al centro ponevano tutte il fascismo (la sua sicurezza, la sua stabilità…) Tanti Italiani amano Mussolini perché ancora oggi pare dimostrarsi capace di tenere unita ed ordinata la nostra fragile nazione. Vedi, l’Italia oggi è gestita completamente da Mussolini, il quale è assolutamente uno stratega nel mantenere la piacevole quiete che regna sul Paese. La sua grande bontà nei confronti di tutti gli Italiani ha a mio avviso permesso il verificarsi di due fattori: il facile “sì” da parte della maggioranza e la legittimazione della brutale violenza scagliata contro gli antifascisti. La cosa che però più mi turba è il fatto che tale violenza sia legittimata e incoraggiata dai cittadini stessi. Voglio dire, è come se si erigessero ovunque muri da un giorno all’altro, un “sì” (o un “no”) alla volta. Oggi, giorno in cui la notizia della morte di Matteotti è stata diffusa, la mia tesi esposta precedentemente non può che riconfermarsi. Credo sia altrettanto necessario compiere un ulteriore passo all’indietro, stavolta di qualche mese, per capirne il perchè. Al tempo si erano appena tenute le elezioni, stravinte dal fascismo. Poi, qualcosa che sarebbe dovuto essere consueto in una democrazia si verificò. Durante una seduta parlamentare, il deputato Giacomo Matteotti prese la parola, tenendo un discorso in cui denunciò l’irregolarità della vittoria fascista. Ed ecco il dissenso necessario per turbare Mussolini. Ora (si fa per dire) tutto mi è più chiaro. Certo, queste parole non mi sono affatto facili da scrivere, in quanto nonostante la razionalità del mio pensiero, scrivere parole di verità è come prendere coltellate nel petto. In fondo, per quanto io possa fermamente contrastare il fascismo, una parte di me vi confidava. Ma non mi sentirei di giudicarla ingenua, colpevole. Non è intenzione negarne la passata esistenza, o il rischio grande. A questo punto non so più se dare ragione a quanto scritto prima, se attendere ancora una risposta. Ora sento la necessità di liberare la mente, di scrivere i miei veri pensieri. L’Avanti non me lo permette più. Tanti mi chiedono di prendere parte ai giornali clandestini, dove la libertà mi attende trepidante. Ma oggi mi tolgo la maschera di chi, nel silenzio, facilmente, annuisce; oggi scelgo di vivere e di morire per la verità affinché sia fatta giustizia. È oggi, caro amico, che tutto, per sempre, cambia.

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Caterina Canevari

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